lunedì 28 maggio 2012

ENTRY 0036
28.5.12

LE OLIMPIADI INVISIBILI

Abbiamo oggi l'onore di consegnare gli Ori per la Speciale Categoria: INVISIBILE ai coloro lui, lei ed esso
che si sono più distinti nel non distinguersi, o nel far casino con gli schemi della propria appartenenza.
Facciamo qui seguire i nomi dei premiati, con le relative motivazioni di tale alto, anche se dubbio, onore.

P A P E R O G A
 Non si capisce se è un papero. Ha un becco diverso dagli altri. Ha i capelli in testa anzichè le piume
(quelli di gastone sono piume arrotolate col gel,e sono di piume le basette di Paperone). Sembra caduto
nell'acido da piccolo, e non è mai più tornato. E'un genio o è completamente deficiente? Pippo al confronto
è un programmatore del San Paolo. Con Paperoga nessuno riesce a spuntarla, ha sempre l'ultima parola
ed è priva di senso. Sta a Paperino come il Joker sta a Batman e Groucho Marx a Gary Cooper. E'un agente del caos a sua insaputa. Ha un posto di diritto nel Parlamento della Repubblica Italiana. Lui, almeno, ci farà ridere davvero.

P E T E  B E S T
E chi diavolo è, direte voi. E'stato il batterista del gruppo musicale più famoso di tutti i tempi: i BEATLES.
Solo che non piaceva alla casa discografica, che al momento del provino lo fece sostituire da uno scono-
sciuto di passaggio di nome Ringo Starr, che era a malapena capace di tenere le bacchette in mano.
Così Pete guardò il suo ex-gruppo diventare leggenda da lontano, come si guarda passare un treno.
Ha anche provato a scriverci dei libri. secondo voi glieli hanno letti?

LA FIAT DUNA
Una delle automobili più brutte di sempre, guardata con sufficidenza persino dalle Trabant e dalle Prinz
dei tempi del Patto di Varsavia. una scatola da scape su ruote con la grazia di un dugongo e le prestazioni
di Sandro Bondi al Ministero della Cultura. Per prendere la FIAT per il sedere una volta il settimanale sati-
rico dell'Unità le dedico un intero, finto calendario. Oggi che spopola il vintage, la Duna sarebbe un successo. Basterebbe dire "l'abbiamo fatta apposta così,è l'auto che vi meritate. Compratela o la facciamo produrre ai bambini a Saigon". E giù applausi .

LA BIRO VERDE
Non fate quella faccia. e' esistita. Era il quarto colore in quei pennoni con le levette colorate di una volta.
Ne andavano giù tre e si consumavano i refill, tutti tranne uno. Quell'asparago di plastica con l'inchiostro
verde era sempre pieno. Le zitelle acide e lesbiche che a scuola chiamavamo "maestre" usavano la biro
rossa e quella blu (o il matitone con entrambi i colori. I moduli andavano compilati in nero o in blu.
Ma che xxxxx ci stava a fare quel povero verde in ste xxxxx di biro?! Neanche 30 anni di ambientalisti,
tre Partiti Verdi (tra cui i Verdi-Verdi,giuro!!!) e Greenpeace son serviti a riabilitarlo. La storia non ha pietà,
e temo anche sia daltonica.

I WAFER AL LIMONE
LA FIESTA ALLA MANDORLA,SENZA CIOCCOLATO
LA CREMA DA SPALMARE NOVI
Sono tutti dolci passati inosservati. Erano tutti buonissimi. Ho provato ciascuno di loro. Eppure hanno
mancato in pieno il palato degli Italiani e sono finiti nella grande piscina vuota dell'oblìo.
Perchè mi viene in mente il Partito Social-Democratico?
Vicolo Corto e Vicolo stretto nel Monopoli (i primi due terreni,quelli magenta)?
Edwin Aldrin, il secondo uomo sulla Luna?
I cartoni animati di Hanna & Barbera (quelli col gatto Ginxi e il leone Svicolone)?
Walter Veltroni e il suo colpo di genio di fare un partito unico della Sinistra...?

Beh,non state lì così! Aggiungete i vostri Invisibili.
Fate sapere al mondo che cosa ci siamo persi...

Janisch





venerdì 25 maggio 2012

ENTRY 035 - 25.5.12
UN GIORNO CON VISTA SUL MONDO

Tutti questi cartelli stradali che indicano i posti più ameni e sconosciuti, e non ce n'è nemmeno uno che dica:
                                                                  M  O  N  D  O
Lo cercherete invano.
Per questo oggi sono qui, al belvedere di La Morra nelle Langhe (CN), a osservare il mondo da un punto
in cui lo si vede quasi tutto.
Quest'onda di colli verdi e ocra, su cui le nuvole riposano prima di scendere al mare, è il ritratto della vita
come la vedo io...un fermo immagine in falso movimento, a cui assistiamo come spettatori si di una panca
da un  minuto, provvisti di focaccia e di un diario ancora da scrivere.
La vita è panorama.
Là a destra, poco a Nord-Ovest di Serralunga Langhe, c'è uno sperone boscoso che si alza per 560 metri
circa senza un paese e con una sola strada, sterrata e diramata in una serie di sentieri. Là, da qualche parte,
in una casa fuori vista tra gli alberi vive l'Ultimo Filosofo Aborigeno.
Noel Serrani è emigrato in Australia con la famiglia nel 1953, quando aveva 5 anni. Per altri trenta è stato
guardiacaccia nell'Outback,ha allevato cavalli in una fattoria non lontano da Brisbane e da qualche tempo è
tornato quassù, dove per lui tutto è incominciato.
Una vita insieme agli Aborigeni gli ha insegnato a guardare alle cose come loro fanno da sempre, con quella
che il Popolo chiama la Coscienza del Sogno: il sapere di sognare quello che viviamo, e il pensare e agire di
conseguenza.
Serrani non scrive: le parole sono acqua, dice lui, e libere devono scivolare. Tocca agli altri ricordare quello
che ha detto (lo irrita veder prendere appunti) e fissarle più tardi e altrove.

"Chi ha capito meglio la vita è stato Pippo, quell'amico di Topolino che si finge stupido perchè l'altro non si
senta inferiore. Lui ha detto che è strano come una discesa, vista dal basso, assomigli a una salita."

"Un milione di persone fondano una religione, mille fanno una tendenza e uno si rende ridicolo."

"Ho visto cose che chiunque può immaginare. Ma ho immaginato cose che non può vedere chiunque."

"Il tempo è una nostra idea. Così convincente che invecchiamo e muoriamo per restare coerenti."

"La felicità è sopravvalutata. Il brasato al barolo dura meno, ma è una cosa straordinaria.
 E certe volte  dura anche anche un pò di più."

"Dio sogna il mondo, e il mondo sogna di Lui."

"Ora che abbiamo dimostrato tutto e il contrario di tutto ne sappiamo come prima, ma in maniera scientifica."

Ho conosciuto Noel qualche anno fa.
Non ho mai visto nessuno bere tanto Jack Daniels senza poi sbagliare un congiuntivo.
 In paese  mi hanno detto che nessuno lo ha più visto da molto tempo.
Mi domando se sia ancora là, da qualche parte tra i boschi e le rocce di cui sogna, e che forse sognano lui.

Janisch













martedì 22 maggio 2012

ENTRY 0034
22.5.12

RADIO ZETA : L'ORA DEGLI INVISIBILI

Qui è Radio Zeta. Benvenuti all'Ora degli Invisibili.
Non è più notte, ma non è ancora giorno: le promesse della sera sono sfumate nel sonno, e là fuori le vie del mondo sono deserte come l'anima di un agente di borsa.
Queste sono le nostre parole, anche se probabilmente non ci sarà nessuno in giro ad ascoltarle. E quindi le
dedichiamo a tutte le persone che non esistono: come il mio amico Kovalsy, il Cavaliere Invisibile, l'uomo
dietro il volante la cui Pontiac arriva prima ancora di essere partita... o come Anderson, l'uomo senza età che
a volte dorme con il suo husky davanti alla Chiesa della Trinità, e che conosce a memoria ogni verso mai cantato dai Jethro Tull.

La vera notizia, per ora, è che non è successo niente.
Nessun pusher ubriaco ha parcheggiato su una fermata del bus gremita , nessun diciottenne ha stampato la BMW del papà evasore su una campana della raccolta vetro: nemmeno una mucca investita da un treno della
notte sulla linea Alessandria-Mortara-Milano.
Sfortunatamente, secondo il calendario maya questo è uno dei cinque segni della fine del mondo. Restiamo in
attesa degli altri quattro; voi, nel frattempo, fatevi dare dalla banca l'estratto conto prima possibile.

Un autocarro in fiamme è stato visto procedere a velocità sostenuta sulla corsia di emergenza della A7 tra
Novi Ligure e il raccordo autostradale della Val Scrivia. Un testimone ha detto di non aver visto nessuno alla
guida, ma la notizia per ora non è confermata.
Restiamo in attesa di aggiornamenti.

Qui Radio Zeta: e dato che non abbiamo sponsor, al posto della pubblicità vi offriamo una lunga pausa di silenzio, caso mai qualcuno di voi volesse approfittarne per pensare.
Noi siamo qui apposta, invisibili e sempre presenti, una voce ai confini del giorno.

(continua)

domenica 20 maggio 2012

ENTRY 0033
20.5.12

LA VITA SEGRETA DELLE VITTIME

Apocrifo di D.Janese,
pubblicato in ASTRALIA,Ananke 2007

E se io fossi questo...?
La metà di un uomo,
la metà di un sogno
la vita delle ferite
che grondano vento
al vuoto di una navata,
la metà degli angeli
morti alla fede,
riversi sull'altare.

Quando le lacrime
avevano occhi
avrei saputo piangere...
con loro avrei gridato:
"MADRE!
 perchè non ci hai abbandonato?"

Ma angeli e idee
danno baci sfocati,
rimorsi soffiati
di vetro stanco,
carta di storie
che bruciano piano
morendo sommesse
alla memoria:
questo è il dolore
di metà del tempo,
la croce intagliata
nella cenere. L'amore
proibito al dubbio,
i ricordi di domani
negati al perdono.


Per tutti i fuochi che sono stati accesi sotto ciò che era diverso da noi.

Janisch












venerdì 18 maggio 2012

DIARIO INDACO: Lettere dal Fronte Invisibile: ENTRY 003218.5.12SULLA STRADA: IL VIAGGIO DI KO...

DIARIO INDACO: Lettere dal Fronte Invisibile: ENTRY 0032
18.5.12

SULLA STRADA: IL VIAGGIO DI KO...
: ENTRY 0032 18.5.12 SULLA STRADA: IL VIAGGIO DI KOVALSKY - C'è una sola strada - era solito dire Kovalsky, a volte rigirando il collo di...
ENTRY 0032
18.5.12

SULLA STRADA: IL VIAGGIO DI KOVALSKY

- C'è una sola strada - era solito dire Kovalsky, a volte rigirando il collo di una Budweiser come se all'interno ci
fossero delle risposte che non riusciva a distinguere bene; a volte quasi sdraiato sul cofano della sua Pontiac verde, guardando l'orizzonte piatto sotto il sole del tardo pomeriggio. - Una in tutto il mondo, anche se sembra
tante strade diverse. E la facciamo tutti, ogni giorno della nosta xxxxx di vita.
- E dove porta...? - gli chiedevo allora, a volte sdraiato all'ombra dell'unico albero nei dintorni, la giubba arrotolata a mò di cuscino contro il tronco; a volte chinato sopra una carta geografica che sembrava disegnata
da un dannato hippie dopo un trip.
- Porta esattamente dove dobbiamo andare. Per questo io cerco di non perdere troppo tempo: la bellezza è
nel viaggio, non nella destinazione: e il viaggio devi bruciartelo, far cantare la strada sotto le ruote, per farle
sapere che stai arrivando.
Era inutile cercare di seguire più di tanto i suoi ragionamenti, perchè assomigliavano troppo al suo modo di guidare...curve tagliate, contromano, retromarce sgommate e sorpassi da aviatore in guerra coi Giapponesi.
Grande, vecchio Kovalsky. Ogni volta che parlava di strada, io sapevo che stava parlando della vita, nel modo
in cui la vedeva lui: un nastro grigio con una sola direzione, che l'unica cosa a cui serviva era passarci sopra...
scorrere veloce con lo sguardo fisso cento metri avanti a lui.
-Una volta ho portato questo tipo con un cognome francese da Springfield a St.Louis... faceva Jack di nome,e si portava dietro una fighetta di nome Allen, un ragazzetto ebreo con la faccia timida, simpatico ma frocio come
il Ken della Barbie. Ero di umore spigliato, e ho guidato da un posto all'altro in neanche cinquanta minuti;dritto
come un xxxxx di fuso, che potevo farlo dormendo legato sul volante.
Beh, Allen è stato dietro rannicchiato tutto il tempo, bianco come un cencio, e ad ogni frenata lo sentivi
sussurrare in un dialetto del xxxx...
- Forse stava pregando - azzardo io, ghignando.
- Sì, era il tipo. Ma l'altro, Jack... lui era calmo come un falco quando fa i cerchi dall'alto sopra un gregge,e
teneva in mano un block notes su cui ogni tanto scribacchiava qualcosa. Guardava il paesaggio che sfrecciava alla sua destra, e sorrideva spesso, e giù che scriveva ancora. Poi mi guardava senza dire niente,
mentro io stonavo sopra una vecchia canzone di Woody Guthrie Poi, a un certo punto, mi fissa e fa:
- Tu come la intitoleresti, la tua vita?
Io ci ho pensato un attimo, e poi d'istinto gli ho fatto: - Sulla strada.
- Già - ha sorriso,lisciandosi il mento con le dita. Ed è tornato a scrivere fino alle prime case di st.Louis.
- Se ne incontra, di gente strana, per il mondo.
- Ame, fratello. Amen.
E poi giù sull'acceleratore, io e Kovalsky incontro ai primi sospiri della sera.


Janisch

lunedì 14 maggio 2012

IL TRENO NON FERMA A FORDHAM

ENTRY 0031
15.5.12

Auguri ai miei genitori, che si sono sposati oggi, 52 anni fa.

IL TRENO NON FERMA A FORDHAM

Un uomo doveva andare a Fordham, e per questo era salito sul treno per New York.
Il capotreno che controllò il suo biglietto gli disse: "Accidenti,signore: il fatto è che oggi
è Sabato, e il Sabato questo treno non si ferma a Fordham."
Allora gli disse che gli avrebbe fatto segno quando si sarebbero avvicinati alla stazione,
perchè a causa di lavori sui binari il convoglio avrebbe dovuto rallentare fin quasi a passo
d'uomo, per poi riprendere velocità. In quel punto gli avrebbe aperto la porta della carrozza
e lo avrebbe lasciato scendere.
"Ma si ricordi di continuare a correre per qualche momento " lo avvertì , " o lo stacco brusco
la farà finire a faccia per terra."
E così, all'ingresso in quella stazione, l'uomo si vide spalancare la porta, mise un piede sul
predellino e, timoroso, seguì le istruzioni e saltò giù continuando a correre per assecondare
il movimento.
Ma prima che potesse fermarsi si sentì afferrare per un braccio e issare di nuovo all'interno
del treno, dove un controllore lo guardò e sorridendogli gli disse:
"Lei è proprio fortunato che mi sia accorto che stava correndo qui di fianco.
Questo treno il Sabato non ferma a Fordham."
ENTRY 0030
24.5.12
IL FASCISMO DEL SILENZIO

LETTERA APERTA AI LETTORI

Cari amici/care amiche/trans e pinguini,
questo è un diario interattivo.
E' molto seguito,ma non è qui per essere seguito
e basta. Essendo interattivo, a chi legge si chiede di interagire.
Il che richiede 5 minuti, l'apertura (mi dicono) di un profilo (sai che sforzo)
e l'espressione di un'opinione,un'idea qualsiasi. Punto.
Se ciò che leggete non vi stimola idee o opinioni, è un problema mio
e allora tanto vale che smetta di scrivere. Se idee non ne avete del tutto è un problema
vostro ed è grave, ma a questo non voglio credere.
Avete presente quegli amici cui tenete ma che non si fanno mai sentire e si scusano
dicendo: "Sai,non ho avuto 5 minuti...!"
Non li prendereste a schiaffi? Non mentite. So che è così.
Allora, visto che nessuno di Voi/Noi è Kofi Annan, Obama o Ibrahimovic,
datevi una mossa e trovate quel tempo insignificante per condividere un'opinione
con me e con tutti quelli che la leggeranno.
Altrimenti mi limiterò a chiudere il Diario, perchè al contrario del 90% delle persone
in giro non amo parlare da solo, lo faccio perchè mi importa di quel che gli altri pensano
e desidero anche ascoltare.
 L'unica alternativa al dialogo è il fascismo del silenzio,in cui prosperano i regimi che ci
vogliono divisi, ognuno isolato alla ricerca della sua inutile felicità.


Vi aspetto.

Janisch

sabato 12 maggio 2012

ENTRY 0029
12.5.12

IL DOTTORE,LA LANTERNA E IL GIOCO DI CARTE

Diario Invisibile, Entry 0029:
Qualche giorno fa sono tornato ferito dal fronte.
Una donna,questa volta Devo ricordare che il pericolo
può venire da qualsiasi parte. Un sorriso sotto due occhi
può non essere che un'arma come un'altra, e spesso più
 Non si ha mai abbastanza esperienza poer scansare il vento.

Nel tempo in cui sono rimasto a riposare, non ho potuto
aggiornare il Diario ma ho letto molto, specie racconti da tutto il mondo.
Questi sono per voi.

1. L'AIUTO DI UN DOTTORE
(Storia cinese)

Un uomo confidava all'amico:
"L'altro giorno per fortuna ho portato l'asino con noi
in campagna per la gita di famiglia...mio figlio è rimasto ferito,
ma in questo modo l'abbiamo potuto portare dal medico di
gran carriera!"
"Capisco...ma che cosa gli era successo?"
"Oh,è stato preso a calci dall'asino."
"Ah. beh, se io fossi in voi lo porterei dal dottor Chang."
"Ma il tuo dottore una volta non era il dottor li?"
"Certo.Ma vedi, il mese scorso sono stato molto male, e la cura
che lui mi ha prescritto mi ha fatto stare anche peggio.
Allora sono andato dal suo collega, il dottor Xian...ma la medicina
che mi ha dato mi ha aggravato: ero più morto che vivo.
Così, ho finito per andare dal dottor Chang!"
"Ed è lui che ti ha guarito?"
"No. No, per fortuna lui non era in casa."

2.LA LANTERNA DEL CIECO
(Storia Giapponese)

Un cieco era andato a trovare un amico, e insieme i due tirarono
tardi; infine, accompagnandolo alla porta l'amico offrì al cieco una
delle lanterne che teneva accese alla porta di casa.
"E cosa ci dovrei fare?" rise questi. "Per me, il giorno è uguale alla notte."
"Non è per te, ma per chi puoi incrociare per le strade del villaggio,
che a quest'ora è immerso nel buio.Altrimenti ti potresti scontrare con un altro passante."
Così il cieco salutò l'amico e uscì nella notte ventosa. Ma poco dopo, circa a metà strada,
sbattè pesantemente contro qualcuno che cadde con lui, lungo disteso.
"Ma che,sei cieco come me?!"gridò,indispettito."Non l'hai vista la lanterna?"
"Amico, la tua lanterna l'ha spenta il vento"rispose l'altro.


3. UNA MANO DI CARTE
(Storia Indiana)

Il Maestro Senza Nome aveva un giovane allievo, brillante ma impetuoso,
che andava sostenendo che chiunque era sempre e comunque in grado di scegliere
liberamente, e che ciascuno era responsabile della propria situazione.
"Chi si lamenta dovrebbe anzi agire, perchè la felicità è alla portata di tutti"era
solito proclamare. "Non ci sono scuse."
Un giorno il Maestro lo prese da parte e lo condusse da un contadino,a tutti noto
come un uomo pigro,ignorante e senza qualità.
A questi e all'allievo il maestro diede un mazzo di carte, e ne lasciò dieci a quest'ultimo
e venti al contadino.
"Il gioco è semplice" spiegò loro: "ciascuno di voi scelga una carta da opporre alla carta
proposta dall'altro, e il valore più alto di una coppia vinca."
"Ma io ne ho la metà,e questo villico vincerà tutte le mani facilmente!" protestò l'allievo.
"Questa è la vita" disse il maestro. "E adesso scegli."


Spero che le tre storielle diano da meditare a qualcuno che crede di avere un pò troppe risposte.
Le domande sono molto più utili, quando si vive in guerra.
Anche se è una guerra invisibile.

Janisch



domenica 6 maggio 2012

ENTRY 0028
06.5.12

LA FRETTA DEL CERCHIO NELL'ACQUA

Apocrifo di Ivano Fossati,
ritrovato in una cabina sul litorale di Ostia,
marzo 1976.

Sono un poeta e qui guardo il mare,
sì,sono morto ma ho ancora del tempo
quello è il mio corpo,mi sembra lontano
so che è importante ma ho ancora tempo

diglielo a Nino che che venga a coprirmi,
copra i miei occhi che han visto il buio
tra le parole, tra l'onda e il sole
dì che mi copra chè sento freddo

c'è un uomo in croce che triste aspetta
su di una chiesa davanti al Lido,
"so che hai sofferto" mi dice serio,
e il suo morire somiglia al mio

quanti i ricordi di cui pentirsi,
quanta la fretta del cerchio nell'acqua
l'amore al vento, la riva amara
chiama il suo cerchio a spezzarsi piano

Diglielo a Nino che l'ho voluto,
dirglielo adesso non mi dispiace
fa un male dolce come il tramonto
come il sorriso dell'uomo in croce

sai, mio fratello lo sa da tanto
fino dal giorno che è andato via
questa è la guerra e non puoi parlarci,
questa è la guerra, la sua e la mia

tutte le vite che non ho avuto,
tutti gli amori lasciati andare
cerchi nell'acqua fioriti al Lido,
piove negli occhi e diventa mare

cerchi nel tempo non più vissuto,
piove il mio sangue e divento mare

per P.P.P.



venerdì 4 maggio 2012

ENTRY 0027
GLI UOMINI DI IERI 2

Il padre di mia madre si chiamava Virginio.
Aveva i capelli rossicci, era magro e gli occhi stretti sembravano ridere di qualcosa anche quando il resto del
viso era serio.
Virginio era venuto da un Veneto dove ancora si moriva di fame , pedalando da un paese di una valle tra Bassano e Asiago sulla sua unica e più preziosa proprietà: la sua bicicletta da corsa.
Una volta arrivato a Torino, una città che prometteva lavoro a tutti gli emigrati d'Italia, aveva trovato un posto
alla FIAt e anche l'assegnazione di un alloggio alle case operaie di Viale Buridani, nel sobborgo di Venaria che
ospitava centinaia di manovali arrivati da poco, soprattutto dal Triveneto e dalla Sicilia.
Poi aveva venduto la sua amata bicicletta, e col ricavato aveva acquistato un biglietto di andata e ritorno a
casa per sè, e di sola andata per la sua sposa e per suo figlio.
Due altre figlie sarebbero nate lì, nel ghetto proletario dove i tubi della stufa correvano lungo i muri di casa
e il pane del tempo di guerra era scuro e andava mangiato prima possibile o sarebbe divenuto così duro da
essere immangiabile.
Virginio avrebbe perso molto dell'infanzia delle bambine, perchè richiamato alle armi nei suoi Alpini sarebbe
finito al fronte in Venezia Giulia, e di lì in un campo di prigionia in Jugoslavia, dal quale sarebbe tornato molti
mesi dopo la fine della guerra. Dicono che la moglie stentasse a riconoscerlo: ma era lui, e con il tempo anche
i suoi occhi stretti ricominciarono a sorridere.
Con la pensione i due pensarono di trasferirsi prima nel biellese, dove avevano un genero e i suoi parenti, ma
il clima umido delle brughiere dove ancora sferragliavano le antiche filande li mise in fuga verso la riviere ligure,
dove in quegli anni - correvano i primi Settanta - ci si poteva ancora permettere ancora permettere di comprare
un piccolo appartamento nei paesi di Ponente.
Lì Virginio visse per poco più di quindici anni, parlando di politica al bar con gli anziani del posto, andando a
ballare ogni sabato e tornando sudato e allegro fradicio, e percorrendo tutte le strade dell'entroterra con la sua bicicletta grigia.
Fino a che un giorno di Ottobre venne travolto da un'auto di grossa cilindrata che sfrecciava in contromano
su una strada deserta lungo il fiume locale, guidata da un meccanico che la stava provando prima di conse-
gnarla a un cliente.
Morì un mese dopo in un grande ospedale dove per circa due settimane lo curarono senza nemmeno sapere
o informarsi del fatto che fosse diabetico.
Lasciava di sè tante fotografie in bianco e nero, un cappello da alpino e una storia che doveva essere raccontata.

Janisch

mercoledì 2 maggio 2012

ENTRY 0026
02.5.12

GLI UOMINI DI IERI

Il padre di mio padre si chiamava Luigi, veniva da Noventa del Piave e lavorava in un'officina della fabbrica
di motori navali che sta venendo smantellata in Corso Vigevano. la fabbrica era di interesse nazionale perchè forniva motori alla Marina Militare e Mercantile, per cui lui era stato esentato dalla chiamata alle armi.
Sì, perchè stiamo parlando del 1943. C'era la Guerra, quella col numero 2 e tutte le lettere maiuscole.
Luigi stava alla movimentazione dei materiali, per cui andava avanti e indietro in furgone e stava molto tempo
in giro da solo. Questo gli dava la possibilità di tenere i contatti con un gruppo di partigiani tra le colline di
Torino.
Purtroppo una soffiata, non si seppe mai di chi, fece arrivare al comando fascista di zona l'informazione che
alla fabbrica qualcuno collaborava con la guerriglia. Un giorno, al direttore dell'opificio giunse la voce di un'imminente ispezione, che generalmente significava rastrellamento dei sospetti e loro smistamento all'OVRA,
la temutissima polizia politica - equivalente della Gestapo tedesca - per gli interrogatori dei fermati. Capitava
spesso che in sede di interrogatorio si verificassero spiacevoli incidenti, e non era raro che i fermati non tornas-
sero più alle loro famiglie.
Il direttore era un brav'uomo, simpatizzante con la Resistenza, e aveva sempre lasciato fare. Conosceva bene
Luigi, per cui lo mandò a chiamare nel suo ufficio e gli disse che lo mandava a fare legna sulle colline fino a nuovo avviso. Un lavoro duro, che poteva essere interpretato come una punizione: si trattava di abbattere tronchi , tagliare rami e ammassare il tutto lavorando da mattino a sera all'addiaccio; ma in collina si era difficili
da localizzare e da raggiungere, e in un minuto si poteva sparire nel folto dei boschi sotto e intorno al colle di Superga.
E così fu. Ma la temuta ispezione non ebbe tempo di avere luogo.
Di lì a pochi giorni un bombardamento colpì in pieno la fabbrica, uccidendo tutti gli operai e il personale al
suo interno.
Lo stabilimento venne ricostruito negli Anni Cinquanta, ed oggi ne sopravvive solo l'infrastruttura di colonne
portanti e tetto.
Ma la memoria degli uomini, attraverso le loro storie, quella vive per sempre.

Janisch