venerdì 7 febbraio 2014







IO DISCRIMINO

Certo, che discrimino. Voi no?
Esistono persone, non categorie. Individui, non pacchi da 6 o 12 come le bottiglie d'acqua minerale.
Io respingo l'esistenza delle categorie. Chi ragiona per linee d'appartenenza per me è come parlasse coreano, non lo capisco e non mi interessa andare inCorea.
Una categoria non ti rende nè migliore nè peggiore, non ti scusa e non ti incolpa, non fa un accidente di niente se non confondere le idee.
Quindi io discrimino le persone, una per una.
Lo faccio per tutti gli onestissimi immigrati che incontro e che vendono kebab (o come xxxxx si scrive), che crescono figli cui insegnano l'Italiano, pagano le mie stesse tasse e magari mi aiutano a cambiare una ruota, visto che non sono tanto capace. Quindi discrimino gli immigrati delinquenti, che cercano di approfittare delle maglie larghe di un sistema che non sa proteggere manco i suoi stessi cittadini, e quelli che vengono a pretendere favori che a quegli stessi cittadini il sistema nemmeno concede (tipo, se io giro senza documenti vengo fermato, sottoposto ad accertamento e regolarmente multato).
Lo faccio per tutti i gay normalissimi, che si fanno il xxxx come me e amano annoiarsi sul divano davanti ai vecchi film mentre il compagno legge TUTTOSPORT, e vorrebbero che lui potesse ereditare la 600 vintage in garage e avere l'assistenza medica congiunta. Quindi discrimino i gay porci che vanno a ragazzini e sguazzano nelle saune, schizzano veleno sulla famiglia perchè nessuno li vorrebbe manco per una mano a briscola, ma frignano perchè esigono di adottare un embrione surgelato, per amare il quale dovrebbero andare a cercare la voce AMORE su Ebay.
E lo faccio per tutti i bisex in pace con la Natura e con loro stessi come me, che vivono una vita trasparente e chiedono rispetto a tutti coloro che non condividono il dono, o la sfiga, di poter condividere corpo e anima col  loro prossimo a prescindere dal suo genere.
Perciò discrimino i bisex ipocriti e vigliacchi che vivono di bugie e di opportunismo, rovinando la reputazione a chi come me ha cercato di non fre mai del male a nessuno.
Lo faccio per tutte le donne splendide, gentili e forti più di me che ho avuto la fortuna di incontrare, che offrono prima di chiedere e non ti fanno pesare il torto di essere soltanto un uomo, e chiedono il sacrosanto diritto di stare sullo stesso identico piano in ogni palazzo sociale. Quindi discrimino le donne acide, incarognite e supponenti che portano all'esterno il disprezzo che hanno per loro stesse, ti addossano il conto di ogni torto che dicono di aver subito dal mondo e si comportano come dive di un film che nessuno ha mai finito per la noia.
Lo faccio per chi ancora crede in una sinistra dell'Umanità, che usa il buonsenso e guarda al bene di un Paese senza usare divisioni fossili e senza acredine verso la gente comune, che non vuole la rivoluzione di pazza, ma soltanto vivere con dignità. Perciò discrimino gli ideologi da salotto, col sedere coperto da una buona famiglia e il disprezzo del popolo, che dà dell'ignorante a chiunque non condivida a priori il suo pauperismo e il suo terzomondismo, che chiede agli altri di decrescere i consumi ma poi torna nel suo attico col SUV in garage , e a volte presiede una camera in Parlamento.
Certo che discrimino. E voi guardatevi bene da chi non lo fa.
Probabilmente, è vostro nemico.

giovedì 31 ottobre 2013







I GIORNI DEL SOLE E DELLA PIOGGIA

 

Anders mosse il dondolo nel patio, che scricchiolò fedelmente col passo lento di un vecchio servitore, ricordandogli i volti di tutti coloro che negli anni gli erano stati seduti accanto...
Volti uomini, volti di donne: la presa ruvida e frettolosa dei primi, la carezza leggera e incerta delle seconde...gli sguardi di tutti loro, sempre in parte sfuggenti di lato, vuoi per il timore e vuoi per l'imbarazzo. Il loro passo, a volte pesante e pieno di rammarico, a volte lieve e segnato da un estasi recente: i tramonti sulla laguna in fondo al lido e le albe tra gli arbusti del crinale, e i corpi intrecciati al suo, che ora sfilavano in una danza distante, come pupazzetti di carta uniti solo dall'essere fatti di un'unica e fragile materia...
E Anders si domandò, nè per la prima nè per l'ultima volta, come sarebbe scorsa la sua vita se la Natura lo avesse costretto ad amare soltanto uomini o soltanto donne:e si meravigliò a scoprire che la sottile ansia che un tempo aveva accompagnato quel dubbio era scomparsa nella risacca degli anni.
Sarebbe stato come essere storpio, forse, consegnato a portare il peso del suo passo su di una gamba sola. O come un guercio, privato della profondità della visione. O come un sordo da un orecchio, cui fosse negata la gioia dell'avvolgimento nel suono, nella musica.
E Anders sorrise. Con la gratitudine del bambino che un giorno ha scartato un regalo, per scoprire che la sostanza del dono non avrebbe avuto mai fine. Con la pace di un mattino di sole sulla foschia, con la quiete di un lago che non scorre ma non è mare, con la grazia e il mistero dei contrasti voluti da Dio, Anders sorrise."
Capitolo XII, pg. 226.

giovedì 24 ottobre 2013


HO VISTO ANCHE FASCISTI FELICI

C'era una volta un mondo con dentro varie società, con valori e culture diverse.
Una di queste si credeva migliore delle altre.
In nome di questa idea si sentì libera di imporre i suoi punti di vista alle altre, usando gli eserciti per uccidere
con estrema fantasia - bruciandoli, annegandoli, squartandoli, scannandoli ma più tardi per economia semplicemente sparandogli - tutti quelli che esprimevano dissenso, all'esterno come all'interno, e anche un buon numero di coloro che per qualsiasi motivo apparivano diversi e che non potevano o non volevano fare a meno di quella diversità.
Poi il tempo passò e, dopo un discreto numero di guerre e di eccidi, la nostra società arrivo a contemplare con terrore la propria possibile estinzione. Da lì decise di cambiare completamente strategia, e di adottare un comportamento che escludesse a priori qualsiasi forma di violenza e di discriminazione delle diversità, e chiamò questo colpo di genio il linguaggio politicamente corrtto, o  Politically Correct. 
Sfortunatamente, nel suo compiacimento la società aveva dimenticato un dettaglio elementare: l'uguaglianza non esiste. L'uguaglianza è un concetto matematico, e non si può applicare alle persone, essendo queste non equazioni ma realtà qualitative, con affinità e disaffinità, armonie e disarmonie che i numeri - non pensando - non hanno.
Il che significava, ovviamente, che la legge non detta che ora imponeva a tutti non discriminare nessuno era irreale, inapplicabile, assurda. Tipo la norma che imponeva di attraversare la strada sulle strisce pedonali.
Ora, come è noto a tutti e da tutti o quasi ignorato, la coercizione non crea che malanimo e reazione opposta, come il proibizionismo ha esteso e rafforzato i consumi di alcool e di ogni sorta di droga.
Quindi, la tutela a priori delle differenze creò un'ostilità generalizzata verso la differenza in sè, e mobilitò una percezione acuta e sofisticata delle differenze anche minime ( specialmente tra gli elettori di sinistra, capaci di odiarsi tra loro a causa di alcune intollerabili  anche se minori differenze , molto più di quanto odiassero gli elettori di destra, da cui li separava un rassicurante abisso).
 Il risultato fu una società dove tutti disprezzavano tutti , ma erano costretti a fingere di sopportarsi, proprio come in un'assemblea condominiale o a Messa la domenica in uno di quei paesi di provincia dove tutti si sorridono desiderando in realtà ciascuno l'estinzione dell'altro. E, come spesso succede, la tensione implicita in questo innaturale stato di cose sfociava di continuo in atti di violenza che altrimenti probabilmente non avrebbero mai avuto luogo.
Ma, ufficialmente, si era democratici e felici.
La storia insegna che il fascismo,come ogni belva feroce, ha molti volti: alcuni sorridono.
Ma solo perchè una jena ti sorride, non vuol dire che sia tua amica. 

"E' intollerabile , per un uomo, essere tollerato." 
(Pier Paolo Pasolini, citando Jean Cocteau)
 

 






IL SOLE DI CRISTALLO

Ovvero delle Cose che Sono in Quanto Fluttuano

Avevo chiuso la porta del negozio alle mie spalle, e il silenzio mi aveva accolto come un amico nel dormiveglia.
In attesa che arrivasse qualcuno a servirmi, mi ero avvicinato al basso pianale della vetrina, osservando gli oggetti che sembravano esservi sparsi a caso: qualcuno adagiato su un panno, altri rialzati su cavallotti trasparenti, altri ancora posati su un leggio come se fossero stati dei libri.
Il tratto comune tra tutti loro, era che non riuscivo a riconoscere nulla di familiare: nessuno di quei manufatti, tutti di ottima fattura, apparentemente di una certa età e prodotti di un lavoro artigianale, ai miei occhi pareva avere un senso compiuto.
Una cassa di violino poggiato su un telo di raso nero, ma priva di manico e di corde, con fili scintillanti fissati a coprire il cerchio tagliato nel legno lucido chiaro: parevano di seta di ragno, e brillavano d'arcobaleno ad ogni soffio di brezza.
Libellule intrecciate di cavo di rame , gli occhi a spirale che in qualche modo giravano lentamente, le ali tese e sospese a mezz'aria senza nulla di visibile che le reggesse.
Oggetti aperti come volumi stampati, ma in realtà modellati da un corpo unico di una materia liscia che profumava di sapone, le finte pagine cesellate delicatamente con le loro lievi abrasioni e un falso ingiallimento ai bordi, e i caratteri esotici sul doppio foglio si muovevano come un geroglifico animato, mormorando parole in una lingua dimenticata.
Ma, soprattutto, la cosa che aveva attirato la mia attenzione quel mattino, mentre passavo davanti a quell'esercizio senza nome e senza insegna che non ricordavo di aver mai visto prima.
Si trattava di un globo di cristallo smerigliato, issata in alto a circa due metri dal pianale, che girava lentamente su se stesso: e mentre roteava piano splendeva di una luce dorata, intensa ma non abbagliante, come se lo spazio intorno ad essa subito la assorbisse come linfa vitale; e le ombre cangianti che gettava sulle superfici circostanti danzavano scivolando in cerchio, come acqua luminescente , disegnando un teatro di forme effimere dalla vita di un istante, in un incanto che si riproduceva senza sosta e senza fine.
- C'è nessuno...? - avevo chiesto a bassa voce, contraddicendo la mia stessa premessa: stavo richiamando l'attenzione, ma cercando di non farmi sentire.
- Dipende - disse una voce di donna, da qualche parte nella penombra del retrobottega.  - Lei è un cliente?
Il suono era distante, ma le parole nitide, come se avesse parlato nella mia mente anzichè attraverso l'aria.
- Credo di sì - avevo risposto, cercando di distinguere qualcosa tra le quinte di tende traslucide oltre il bancone deserto, sul quale spiccava un grosso campanello simile a quello delle reception d'albergo: lo sollevai con delicatezza, e vidi che era privo di battacchio.
Ogni singolo oggetto lì dentro pareva privo di senso come la mia stessa, strana curiosità.
- Allora, buongiorno - fece lei, improvvisamente alle mie spalle, dove non poteva in alcun modo trovarsi.
- Che cosa desidera...?




1- Continua

giovedì 10 ottobre 2013





VALLE GIULIA 2013 : IL CIGNO CANTAVA PER VOI


 
Io sono uomo di Sinistra.
Per convinzione, per storia di famiglia,per appartenenza plurima a minoranze.
Ma oggi più che mai, mi domando se l'intellettualità di sinistra sa riconoscere
il Popolo quando se lo trova davanti.
E mi rispondo di no: perchè quando lo incontra per strada, nei bar (ma immagino che i radical chic non frequentino gli stessi locali del popolo) o in spiaggia (ma so che i radical chic non vanno in vacanza dove ci va il Popolo), lo disprezzano, lo insultano e negano che sia Popolo. Perchè non vuole gli stranieri in masse crescenti, perchè non vuole i matrimoni gay, perchè se ne fotte di avere i teatri nei quartieri e chiede asili e ambulatori, roba da poveri coatti.
Perchè il popolo, per gli intellettuali di sinistra che già facevano ribrezzo a Pasolini, il Popolo sono loro. A cui regolarmente appena aprono quella bocca stereotipa, che snocciola princìpi e non sa un xxxxx delle persone, domando: "COSA FA TUO PADRE?" e poi "E COSA FAI TU?" e capisco che di loro non c'è assolutamente niente da capire se non che sono dei viziati, spocchiosi e inutili rampolli che non hanno mai avuto fame e in vita loro - io sì, e sono stato deriso e umiliato perchè povero , e a volte picchiato sia dai coglioncelli della FIGC che dai loro gemelli siamesi del Fascio , capitava a chi si diceva anarchico - e... guarda un pò....una grandissima parte di loro è mantenuta a vita dallo stesso Stato che denunciano ad ogni passo come radice di tutti i mali.
Un consiglio: provate a parlarci, col Popolo , nei mercati rionali e alla fermata del bus e in coda per degli esami alla ASL: e, se sopravvivete al linciaggio, magari finalmente avrete imparato qualcosa. Se non altro, in quale mondo avete la fortuna di vivere.

lunedì 30 settembre 2013







ULTIMO MESSAGGIO REGISTRATO


L'avrete già sentito, ma ognuno di noi è diverso dagli altri per razza o religione, sessualità, idea politica o tradizioni culturali.
Far parte di una minoranza non obbliga per forza a rispettare tutte le altre.
Può darsi che nero islamico comunista e un ebreo maschilista di destra non abbiano niente da dirsi, e magari si avvalgano del loro sacrosanto diritto a prendersi a spintoni e a dare delle troie alle rispettive madri: e quando passerà un ambientalista omosessuale bianco e luterano, si uniranno a dare addosso a lui, che avrà appena rigato l'auto di un fascista cattolico di targa bulgara.
E proprio qui sta il punto: se ci scomponiamo in tutte le cose che ci definiscono, non troviamo più una maggioranza di alcun genere, perchè scompare la finzione dell'identità.
Nel nome dell'identità si fanno le crociate e si affettano i bambini altrui, ci si rinchiude in ghetti da cui si guarda agli altri con ostilità e diffidenza - senza pensare ai motivi che possono avere gli altri per guardarti allo stesso modo - e, intorno all'identità, si alzano muri che circondano tratti sempre più piccoli della nostra anima.
La nostra civiltà si è eretta una bolla attorno, immaginandosi oltre il tempo e il cambiamento... e regredendo, così, all'infanzia. Perchè è il bambino , di solito a credere che ignorando un problema questo smetta di esistere.
Ti tiri le lenzuole sul viso, e il coccodrillo nel buio non può più mangiarti: alla luce del giorno la cameretta tornerà tua, uguale e rassicurante come sempre.
Ma la vita va un pò oltre l'infanzia.
E quando al buio dell'età adulta trovi la solitudine e la depressione, l'agenzia delle imposte e la disoccupazione, i genitori invecchiati e la fine degli amori, accendere la luce non ti serve a un ostrega; anzi, vorresti spegnerla e riavere indietro quel coccodrillo immaginario che ora ti manca tanto.
Ma il tempo esiste ed è parte di noi, come siamo parte di lui. E' la Grande Differenza, e accettare il suo mistero,per cui siamo già morti cambiando (e così tante volte in una sola vita!), vuol dire abbandonare la cameretta dell'identità in cui ci eravamo chiusi per la paura di non saper immaginare un'alternativa.
L'alternativa è questa: noi siamo liberi.
La libertà è tutto ciò che un uomo e una donna possono essere.
Io sono qui che, con l'ostinazione di un sindacalista, cerco di superare ogni tipo di paratìa - quasi sempre inutile - che mi hanno messo dentro una stanza già troppo piccola.
Posso credere a tutti gli dèi che sono disposti ad amarmi, perchè di amore c'è sempre bisogno. E voterò per chiunque farà la cosa giusta per la mia coscienza. Amerò tutti i sessi che esistono, e tutti quelli che riuscirò a immaginare. Solo non appartenendo a nulla potrò appartenere a me stesso, e solo così potrò fare davvero dono di me a qualcun altro, quando verrà il momento.
Perchè solo chi è libero ama davvero, e solo l'amore rende davvero liberi.

DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE CREDONO DI ESSERE UNA COSA SOLA.





venerdì 13 settembre 2013







D O V E   F I N I S C O N O   L E   S T R A D E   I N I Z I   T U

Il mio nome era Adrian Kovalsky.
Molti hanno scritto di nome, ma io non ne ho mai letto una riga. Ho sempre avuto poco tempo per leggere, a parte l'ultimo mese di CAR ILLUSTRATED, sempre sul cruscotto per quando mi trovavo in coda in autostrada. Non che abbia girato molto sulle autostrade: poche uscite, pochi svincoli, quasi niente curve nè incroci: amavo di più le strade che assomigliavano alla vita , le provinciali smottate e crepate più sterzo che rettilineo, tornanti di montagni e sali e scendi... è stato Pippo, l'amico del topo vestito, a dire " è strano come una discesa vista dal basso somigli a una salita." Amen, fratello, amen. Questa è stata la vita di Kovalsky, l'autista di tutti i racconti d'America.
Non la stessa America di oggi, gonfia e tronfia di pipparoli alla guida di autofighette con la plancia come una playstation e il ***** di cambio sincronizzato: io ti dico dell'America di Kerouac, al volante di carri armati con un'anima come la mia Pontiac verde del '57, la più bella giumenta meccanica che una fabbrica umana abbia assemblato sotto il cielo di George Washington.
Io e gli Indiani abbiamo avuto questo in comune: vedere l'anima delle cose. Come la terra non è solo polvere e fango, così le strade non sono soltanto nastri di asfalto: sono percorsi con qualcosa ad ogni metro da raccontare. Sono storie. Se le sai sentire, ogni via , sotto il rombo del motore, ti mormora le sue, e quando hai imparato ad ascolarle l'intero Paese diventa una distesa di storie sussurrate, e ad ogni giro di pneumatico tu le tiri su, le arrotoli tutte nella memoria, e alla fine diiventi anche tu una parte di loro. Una storia.
Come l'autostoppista fantasma sulla Route 36, che ti canta i vecchi blues della ferrovia e poi si fa lasciare di fianco a un vecchio cimitero. O l'albergo che appare e scompare a seconda della luna, sulla scogliera in fondo alla baia. O ancora, il tizio magro nero con la voce sottile, vestito da donna, che ti confida: "Non mi hanno ucciso, sono scappato, e sto ancora scappando."
Ricordi, leggende, voci dall'America dimenticata che ti parla dei morti occorsi per costruire un ponte, o del paese morto lentamente dopo che hanno spostato l'autostrada, o del deserto dove ogni anno per tre giorni arrivano sbroccati da tutte le parti, cantano e ballano strafatti per tre giorni dormendo in tenda e nelle roulottes, costruiscono un grande spaventapasseri e alla fine gli danno fuoco per poi tornare ognuno da dove è venuto, contento e più vecchio di un anno.
Le strade sono le storie dei posti che hanno toccato e dove portavano: la cascata che non esiste più, il borgo travolto da una frana, la valle sommersa per creare un bacino idroelettrico. Ricordaci, dicono i posti: portaci dentro, perchè non sei diverso da noi, e un giorno...quuando la tua Pontiac arruginirà tra le sterpaglie e tutti quelli che ti hanno conosciuto saranno scomparsi... di te resterà una storia - la Storia di Kovalsky, l'Uomo che Guidava fino alla Fine del Mondo.
E questo è il punto... le nostre strade finiscono: possiamo percorrerne migliaia ogni giorno quasi con furia, come ho fatto io: ma un giorno imboccheremo l'ultima.
E allora, alla fine dell'ultimo metro dell'ultima delle strade su cui hai guidato la tua Pontiac, la tua vita verde scintillante o blu malinconia o giallo dorato come il Sole... allora noi stessi diventeremo la nostra strada. La nostra storia.
E saremo liberi.

Su una lapide anonima, lontano da un paese in uno stato del Midwest, sotto un acero rosso vicino a uno stagno, c'è questa scritta:
WHERE THE ROAD ENDS YOU BEGIN
(Dove finisce la strada inizi tu)
Nessuno sa il perchè.