venerdì 28 giugno 2013
ALL YOU NEED IS YOU
Verranno a Dirti Come la Pensi: Tu Spara ad Altezza d'Uomo
Qualcuno vive nell'illusione che la normalità si faccia per legge.
Questo è stupido, ed è in malafede chi, pur sapendo come stanno le cose, per opportunità politica alimenta tale speranza.
Ma le leggi non creano cultura, semmai ostilità.
Quand'è stata l'ultima volta che avete attraversato sulle strisce...?
Appunto.
"Normalità" viene da "norma", ed è un concetto statistico, non di valore.
Normale vuol dire più frequente , non migliore, se non nell'invidia di chi è parte di una minoranza e vorrebbe essere maggioranza.
Lo scriveva Pierpaolo Pasolini, parlando dell'omosessualità, che è e sarà sempre oggetto di curiosità e di scherzo, perchè diversa, come il colore della pelle e la fede estranea,come l'essere albino o semplicemente straniero.
Nell'America di Obama i matrimoni misti sono ancora marginali come lo sono a parti inverse nelle nazioni africane, e lo saranno sino a che esisterà una prevalenza etnica, bianca o nera. L'omossesualità invece, riproducendosi nel tempo come una frazione minima di popolazione, sarà un'eccezione sempre e dovunque. Non c'è niente di male, tranne nella frustrazione di chi vorrebbe imporre la normalità per legge, come quell'intollerabile bambino che invocava la Signora Maestra per costringere gli altri al rispetto che lui non sapeva crearsi da solo. Nella vita è cresciuto lamentandosi dello Stato, della Chiesa e della Famiglia, e in generale di tutto tranne che del vero problema, cioè se stesso.
Perchè il punto è che la diversità è una costante universale proprio come la normalità,
e va accolta e vissuta come una possibilità da sfruttare per vivere al di fuori della massa, oltre i riti e le convenzioni. Altrimenti diventa solo una fonte di disagio e rancore, e quella possibilità viene sprecata.
La diversità è un valore. Etnica, religiosa, culturale, sessuale: è ciò che vi differenzia, vi crea difficoltà di adattamento e per questo solo fatto vi aiuta a pensare, a interrogarvi, a ridefinire voi stessi fuori dal coro, dal catechismo, dal cortile dell'omogeneità. E' assurdo costruirle intorno categorie , costruire barriere di identità per riunire i simili e contrapporsi ai diversi. Se diventi il nemico, la tua guerra è persa in partenza. Perciò scriveva Sandro Penna, poeta omosessuale amico di Pasolini:
"BEATO CHI E' DIVERSO / ESSENDO EGLI DIVERSO:
MA GUAI A CHI E' DIVERSO / ESSENDO EGLI NORMALE."
Siate chi siete, non ciò che siete.
Molti, troppi verranno a dirvi che cosa siete.
Mentono tutti, perchè non hanno vissuto la vostra vita.
Ma solo voi al mondo siete in grado chi sapere CHI siete.
Qualcosa di unico e irriproducibile, un miracolo termodinamico: il nulla che diventa un fiocco di neve, e per
quel breve momento brillerà di bellezza e di magia, per poi tornare al Mistero.
Ogni attimo di voi è l'Eternità.
Vi amo tutti, anche quelli che non incontrerò mai.
Soprattutto loro.
Janisch
lunedì 3 giugno 2013
RICORDAMI DI GUARDARE IL MARE
Norma Jeane si accese una Chesterfield, guardando le luci lontane ancora accese lungo il boulevard.
Le strade deserte accolsero il sospiro con cui emise il fumo nell'aria fredda del mattino: il fiocco di nuvola
azzurrina si distese verso l'orizzonte, e di lì a poco scomparve. La giovane la seguì con lo sguardo, reprimendo un brivido come se la scena le ricordasse qualcosa che la metteva a disagio.
- Mi scusi se glielo dico, ma le fa male - osservò Kovalsky, rispettosamente, appoggiato al cofano della
sua Pontiac verde del '57.
Lei fece spallucce e un mezzo sorriso triste, senza dire nulla. Uno degli aspetti positivi dell'essere morti è che i vizi non possono più farti del male. Il problema è che non provi neanche più le sensazioni, per cui puoi fumare un milione di pacchetti senza sentire il sapore, come stare all'alba di inizio aprile in mezzo alla campagna dell'Oregon in camicetta di lino e gonna corta senza patire il freddo.
- Possiamo andare - disse alla fine, a voce bassa.
- Credevo volesse vedere il sole che sorge...
- Non posso.
- Beh, se ha fretta di andare da qualche parte, io sono il taxista giusto - sogghignò lui, aprendo la portiera con la mano sia ferma che gentile di chi sa che un'automobile non è soltanto lamiera e cavi e benzina - proprio come una donna non è solo tette, trine e mascara.
Adrian Kovalsky , la Freccia dei 50 Stati, l'autista più veloce delle strade d'America, il cui nome evocava i passati guerrieri Cheyenne che cavalcavano nudi nel vento di tempesta delle praterie. Le Polizie avevano smesso da anni di cercare di raggiungerlo, anche perchè in fondo non aveva causato mai un solo incidente... e anzi, studiavano la sua guida come modello negli inseguimenti ai criminali.
- Dove la porto, adesso...?
- Verso Ovest. Allontaniamoci dal mattino, per favore.
- Nessun problema - rispose lui, facendola salire a bordo come un gentiluomo deve fare. - Io vado molto più forte del sole.
Il ruggito della Pontiac salì al cielo ancora scuro, e si mescolò alla voce graffiata dall'alcool di Tommy Waits, che mormorava " Sono in cerca dei fantasmi del Sabato sera..."
In nemmeno 40 minuti erano da Grant Pass a Crescent City, bruciando la 199 che costeggia il Redwood Park dopo essere scesa da Lone Mountain: il paesaggio oltre i finestrini era scorso come un bel quadro astratto, tutto verde e ocra e blu.
- Accidenti - era sfuggito alla bionda, in ammirazione.
- Sì, forse mi sono trattenuto un pò - si scusò Kovalsky. - E ho perso tempo guardandola due o tre volte nel retrovisore. Sa, è difficile non guardarla, con tutta la buona volontà.
- Grazie... Oh! C'è il mare! Rallenti, la prego...anzi no, si fermi solo un attimo. Per favore.
- Ehi, d'accordo.
I freni obbedirono come un muscolo fedele e l'auto scivolò descrivendo un arco sino a uno spiazzo panoramico nel senso di un tornante. L'Oceano Pacifico fermava la costa della California come un immenso semaforo di un azzurro profondo, sul cui bordo brevi fulmini bianchi segnavano lo sbattere della mareggiata sugli scogli e le secche davanti alla riva.
- Ricordami di guardare il mare...
- Come ha detto ?!
- No, è un ricordo. Una cosa che mi diceva la mia agente, una signora gentile che mi seguiva dappertutto...quando eravamo in viaggio, in treno o in aereo, mi raccomandava sempre di guardare a lungo le onde del mare . "Sono come noi", aggiungeva ogni tanto. A lei dava un senso di pace. Io non so...mi piace molto guardarlo a lungo, ma più che altro mi vengono delle domande senza risposta.
Lei che ne dice...?
- Io sono un uomo di terra. Ma mi capita spesso di guardare le nuvole, oltre il parabrezza, e immagino che stiano nel cielo come le onde nel mare. E allora sì...credo di capire che cosa intendeva la sua amica; anche se non sono sicuro riguardo al senso di pace.
- Si è fatto tardi - sussurrò Norma Jeane, quasi con un dolore esile nella voce. - Devo andare.
- D'accordo - fece Kovalsky, voltandosi verso l'abitacolo.
Ma lei era scomparsa, senza lasciare alcun altra traccia nell'aria albeggiante se non un lontano profumo di Chanel numero 5.
Adrian , però, aveva l'olfatto intasato da troppa benzina e olio combusto, e non sentì neppure quello.
Janisch
giovedì 23 maggio 2013
M A N I F E S T O
Il nostro spettro si aggira per il luogo
precedentemente noto come Europa...........
Ieri sera ho stretto la mano a un uomo che ha passato 24 anni in carcere per aver detto la verità sui rapporti
tra lo Stato, la politica e la giustizia sociale. Una verità molto semplice, che si può o meno condividere, si può accettare o respingere, ma per la quale non ha mai ferito nè ha ucciso nessuno.
La verità è che la Storia si cambia con la forza, e che il dialogo e il compromesso sono stratagemmi che cercano di dissimulare, diluire o ritardare l'uso della forza.
Le società sono da sempre in mano ai ricchi, che accettano di concedere diritti o di condivere i loro averi con i povero solo fino a che ne hanno paura. La storia della modernità è stata segnata dai plebei che hanno decapitato il re di Francia, dagli operai inglesi che hanno scioperato resistendo alle violenze di polizia sino a far capire che la lotta non sarebbe mai finita fino a che avessero ottenuto orari,condizioni e stipendi decorosi,
dai partigiani italiani che hanno combattuto con sangue i nazifascisti di Salò, dagli indiani sdraiati lungo i binari al seguito di Gandhi, dalle masse che hanno abbattuto gli Zar nell'ottobre 1917 nella rivoluzione pensata da Lenin e che fu poi tradita dal suo successore ("I due pilastri del potere borghese che per primi andanno abbattuti dal nuovo regime del popolo sono l'Esercito e la burocrazia." CHE FARE, Lenin 1902 ).
Modi diversi di usare la forza per risolvere un conflitto di interessi inconciliabile, tra chi non ha e chi non vuole dare. Tutti validi a seconda dei contesti che li hanno espressi.
Ma resta il fatto indiscutibile che sino a quando il "padrone", il "barone", il "signore" non vive nel costante timore di quello che può succedere se affama il popolo, se ne lede la dignità, se lo priva della salute e dell'istruzione, il suo dominio è mitigato dal buon senso. Ma nell'attimo stesso in cui un popolo disunito, pigro e privo di volontà non gli invia il messaggio quotidiano il cui senso è: "SAPPIAMO DOVE VIVI E DOVE VAI", l'avidità ottusa del potente gli farà rialzare la testa e lo spingerà a corrompere gli amministratori per coprire cattive condizioni di lavoro, a intimidire i sindacati per accettare soprusi e vessazioni, a fare pressioni sui Parlamenti per avere leggi che riducano i diritti e le possibilità di azione di chi lavora e di chi il lavoro difende e rappresenta.
Tutto questo è stato fatto anche in Italia, dopo l'ubriacatura di falso benessere degli Anni Ottanta, pagata con la creazione di una voragine di debito pubblico da parte della cosca socialista che faceva capo a Craxi: e ha raggiunto il suo apice con il regime di cui Berlusconi è stato il figurante, al servizio del Progetto Rinascita della Massoneria di Licio Gelli, collusa con il malaffare di tutta la penisola - lo stesso che uccidendo i magistrati e gli imprenditori onesti aveva essa stessa dato allo Stato il chiaro segnale di essere pronta all'uso massiccio di quella forza che cambia la Storia, che arresta la Storia, che devia la Storia.
Oggi, 2013, dopo oltre 15 anni di frenesia liberista - l'AIDS delle democrazie occidentali - lo stato sociale è sfibrato e consunto, i diritti dei lavoratori arretrati e stracciati da oscenità come la legge Biagi che hanno di fatto reintrodotto la servitù e legalizzato lo sfruttamento più bieco del precariato, piegati dai ricatti di ignobili figuri come il sicario svizzero di casa FIAT, che in altri tempi avrebbe dovuto cambiare ogni notte stanza d'albergo per poter dormire al sicuro.
Il Mostro Idiota ha rialzato la testa. E non la poserà discutendo amabilmente con lui nei salotti governativi,scrivendo corsivi su Repubblica o l'Espresso, facendo dotte denunce a REPORT o davanti a un the con Fazio: non si ritirerà davanti a garbati striscioni e slogan scanditi da qualche migliaio di studenti e pensionati nei centri delle metropoli assediate dalla speculazione dei neo-palazzinari con le giunte comunali a libro-paga, dalle mafie indigene e importate dall'Est, dal disagio sociale e dalla disperazione degli immigrati,dei giovani,dei rottamati dal sistema produttivo.
Il mercato è impazzito, spronato dalla smania finanziaria del profitto a breve termine e ad ogni costo, che trascina l'economia produttiva in spirali ingovernabili che causano la rovina dei piccoli e medi investitori e imprenditori, gente senza voce legata al carro di una ricchezza e di un privilegio completamente demente, cieco ai benefici che verrebbero all'intero corpo sociale dal sacrificio di una minima parte dei loro sterminati patromini per ridistribuire il reddito totale in modo da dare alle masse un nuovo potere d'acquisto in grado di riavviare i consumi, ridare vita ai ceti medi, attenuare di nuovo il montante conflitto sociale.
Ma la Storia nulla insegna a questi viziati e inetti padroni del mondo: l'America del '29 è un ricordo lontano, molti di loro anzi si arricchiscono con le Depressioni grazie al controllo delle banche e delle finanziare, i veri assassini di regime dell'economia del Tardo Capitalismo, le jene e gli sciacalli che prosperano nella decomposizione di quello che fu l'Occidente di Rossevelt, delle politiche keynesiane e del controllo politico dei mercati. E al sicuro delle loro ville multiple, nelle loro tenute, nei loro paradisi fiscali si sentono intoccabili,invincibili,immortali e indifferenti alla sofferenza del mondo che loro per primi hanno portato allo sfascio.
La Forza è il motore della Storia. E il solo ed unico modo di riprendere le redini della Storia è mandare ai Luigi XVI e alle Marie Antoniette di oggi un messaggio quotidiano, così chiaro che persino loro non possano fingere di non aver capito.
Sappiamo chi siete.
Sappiamo dove vivete.
E la Storia, se ve lo siete dimenticati, si ripete.
Un grazie e un sincero saluto all'uomo di nome Renato Curcio.
Janisch
domenica 12 maggio 2013
F R E E M A N B L U E S
Apocrifo di JOHN LEE HOOKER - Virginia Plain, 1962
trad. D.Janese 2002
Questo è il canto dell'Uomo Libero
nato sotto il sole, nato sotto il sole
questo è il canto delle anime in corsa
sotto lo sguardo del sole, lo sguardo del sole
Io non sono un cxxxo di intellettuale
fatto per farsi del male,
sono figlio di poveri
il mio bicchiere è mezzo vuoto
ma il vino è meglio del tuo,
il mio seme è più sano del tuo
Io non sono neanche un cxxxo di artista
che si fuma la testa, che si fuma la vita
sono figlio di servi,
innocente come un ladro
e le vostre sono parole vuote,
profeti a nolo e parole vuote
E questo è il canto dell'Uomo Libero,
state alla larga con le vostre colpe
marchio dei ricchi bugiardi e ruffiani
pronti a sorridere e fingersi poveri
I miei vestiti li prendo al mercato,
le mie scarpe sono più vive di voi interi
So cosa sono e sono vostro nemico,
voi non sapete cos'è un Uomo Libero
Oh Signore dei campi al sole,
sentimi un attimo, hai forse un inferno
più freddo di un cuore pieno di astio
più vuoto di chi non ama i tuoi doni,
la terra,le nuvole e il vento dal mare
pronto a piovere sui sogni infranti,
pronto a lavare il sangue dei giusti,
a unirsi al canto di un Uomo Libero
Oh le mie parole le faccio con le mani
oh dammi uomini cui stringere le mani,
oh dammi donne piene di gioia
da scopare al sole, con cui dormire al sole
che sappiano quando è il momento di andare
lasciare andare i passi di un Cammino Libero.
* * *
mercoledì 8 maggio 2013
D E M O C R A C Y R O O M
Qualcuno si è accorto di aver cambiato mondo?
Chi era nato e cresciuto coi valori della Resistenza, della partecipazione e della cultura popolare si sarà
accorto di uno slittamento che non ha niente di sottile: il cittadino è sparito sostituito dallo spettatore e dal
consumatore, la cultura è considerata inutile e prerogativa di operatori specializzati, lo spettacolo assorbe
le proiezioni e le frustrazioni degli individui, soprattutto giovani, e la rappresentanza politica rappresenta, promuove e tutela se stessa.
La Democrazia è una farsa.
Il mondo è governato da un cartello di multinazionali senza volto , le cui basi commerciali nascono soprattutto dal petrolio, dal chimico-farmaceutico e dall'industria pesante : si reggono su uno schiavismo feudale mantenuto dai regimi armati del terzo ed ex-terzo mondo, procurano il progressivo avvelenamento ed esaurimento dell'ambiente e della sua atmosfera per garantire profitti a breve termine ai suoi azionisti, mantengono il monopolio del motore a scoppio e l'incurabilità di malattie come il cancro per continuare a sfruttare i brevetti e le terapie in loro possesso, diffondono periodicamente virus letali per mantenere l'opinione pubblica mondiale consapevole del loro potere e controllano il permanere di una crescente diseguaglianza sociale impedendo ogni processo di redistribuzione del reddito.
Contro di loro vale l'argomento già portato nel Rinascimento dai teorici del diritto naturale: è giusto e legittimo abbattere la tirannia, con ogni mezzo.
Il governo-ombra mondiale ha diffuso ovunque il timore sacro della violenza politica organizzando a scadenze regolari attentati ad hoc per mantenere forte l'etichetta del terrorismo, finanziando e coprendo
gruppi insurrezionalisti e faide etniche di vario tipo, allo scopo di avere un costante flusso di vittime civili , in modo da costringere le espressioni politiche a dissociarsi pubblicamente da ogni proposito di opposizione armata e rendendole così completamente innocue.
Ma il punto è proprio questo. Il potere non teme altro che se stesso e i suoi stessi strumenti : la forza fisica, la sommossa, il ricatto e l'esposizione a nudo dei suoi segreti di Pulcinella - le stragi di stato (Italia, anni 70, 11 Settembre), le invasioni programmate (Iraq), le dittature a richiesta (Cile,Argentina,Birmania,Siria etc), le piaghe sociali (AIDS,sars/aviaria) e via dicendo.
Cittadini, formate i vostri battaglioni.
La Democrazia può essere restaurata soltanto dal basso.
La fantasia è l'unico limite ai mezzi possibili.
Il resto sta a voi, a me. A noi.
Per mettere fine alla Guerra Invisibile , e perchè la Guerra Vera abbia inizio.
Ultimo Comunicato Registrato.
martedì 16 aprile 2013
BENVENUTI AL MEMORY MOTEL
Anche se siete sempre stati qui.
Ciao, ragazzi. Percorrete il viale e attenti a dove mettete i piedi, le luci non sono gran che e l'asfalto ha visto
giorni migliori. Poi, in fondo e poco a destra, c'è l'ingresso di servizio. Non è il caso di passare dalla porta principale, dato che siete qui solo per dare un'occhiata: le regole di ammissione per gli ospiti sono precise, e se anche aveste i requisiti... beh, c'è una clausola che non credo vi piacerebbe molto.Quindi, state all'occhio e cercate di non farvi notare in giro.
Non fate a caso agli schiamazzi che vengono dalla portineria: sarà la scenata quotidiana di Norma Desmond,
che ha scoperto di non avere più ghiaccio nel frigo-bar. Il signor Torrance ha una gran pazienza con lei, ma sospetto che un giorno o l'altro ci accorgeremo che la vecchia diva sarà sparita, mentre il roseto crescerà rigoglioso grazie a un nuovo fertilizzante nel terreno.
Il bar del salone centrale è ancora quasi deserto: devono essere tutti ancora alla presentazione dell'ultimo
libro di Truman Capote, che si teneva sul terrazzo del Solarium: è estate, immagino che la gente voglia rima-
nere fuori più possibile. Oltre la vetrata un piccolo comitato di accoglienza si è formato per dare il benvenuto a un nuovo arrivato dal Sudamerica , un generale rivoluzionario socialista : vedo in testa Rosa Luxemburg , con Sartre che parla con quell'italiano, Calvino, reggendo una bottiglia di Chateau-Lafitte pronta per l'occasione. Vi direi di curiosare da lontano: se vi mettete in mezzo ai politici ne uscirete all'alba e con il mal di testa.
I musicisti sono molto più divertenti, ma prendete il largo quando tirano fuori della polvere bianca. Là in fondo trovare Erroll Garner con Lionel Hampton che fanno coppia a poker contro John Lee Hooker e Cab Calloway. Perderanno, non so perchè ma i jazzisti lo fanno quasi sempre, mentre ci sono storie di bluesman che a carte battono il Diavolo.
Domani si terrà un vernissage all'aperto sulla spianata davanti al mare: la Chanel presenterà le collezioni d'Autunno, con le scenografie di Andy Warhol. L'anno scorso Janis Joplin ha fatto un casino quando ha scoperto che tutti i cocktail erano analcoolici, e si è presa a botte con Billie Holiday. Le ha prese, neanche a dirlo... Pare che le musiche saranno di Stockhausen, quindi nel caso portatevi dei cuscini molto morbidi.
Come dite...? Ah, le note di chitarra vengono dal primo piano: Woody Guthrie sta facendo sentire a Bob Altman un pezzo che vorrebbe mettesse nel suo prossimo film. Sì, è molto bello, forse un pò triste. Parla di un vecchio che ricorda i suoi amori , uno per ogni colore della pelle... si intitola "My Only Rainbow" ; per il protagonista ho sentito parlare di Paul Newman, che con Bob ha già lavorato , e si diverte a recitare la parte dell'anziano nostalgico. Il mese scorso intanto ha sfasciato un'altra Mustang contro un olmo sul viale d'ingresso.
E' una magnifica serata, l'aria che viene dalla baia sa di sale e di sogni, e se seguite le luci e la musica di piano
arriverete ai gazebo della spiaggia, dove di sicuro c'è Gershwin che sta accompagnando qualche gag della banda del muto. Ieri c'erano Harold Lloyd e Harpo Marx, ed era una cosa da vedere. Abbot e Costello sono lì tutte le sere a prendere appunti: una volta che è passato Chaplin e ha rifatto con Ed Wood la gag di "chi gioca in prima base", giuro che li ho visti piangere.
Ah, quello. Le luci accese ai piani alti, subito sotto gli abbaini? Mi spiace, là non si può entrare. C'è una conferenza nella suite di Roosevelt, ed è chiusa al pubblico. I Presidenti sono riuniti a parlare del futuro del mondo - quell'altro, naturalmente. Non so bene chi sia con loro: so che hanno chiamato il reverendo King, un avvocato indiano - un signore piccolo con gli occhiali, sempre vestito di bianco, che tutti trattano come un ospite di riguardo e di cui non ricordo il nome - e quello svedese dall'aria triste, Olaf Palme. Oggi avevano tutti l'aria preoccupata... ma vi dirò, capita spesso. Non credo risolveranno niente, ma è bello e conforta pensare che ci siano uomini che hanno a cuore le sorti dell'umanità, anche se l'umanità non pare condividere il loro impegno.
Ecco, questo è tutto. Più o meno. Ora vi lascio: andate e venite a vostro piacimento , è tutto a vostra disposizione. Ci sono stanze dove non potete entrare, ma troverete semplicemente la porta chiusa. Non fatevi strane idee: qui non siamo all' Overlook Hotel. E' solo che certi ospiti preferiscono non avere a che fare coi vivi, o addirittura non vogliono vedere nessuno e basta. Una volta Virginia Woolfe è rimasta chiusa in camera per quasi un mese, finchè la Bronte le è entrata dalla finestra e l'ha convinta a uscire di nuovo. Certi artisti hanno un carattere difficile. Altri...beh, possono essere pericolosi. Qualche tempo fa un batterista inglese di nome Bonham ha fatto a pezzi un'intera sala perchè secondo lui non aveva l'acustica giusta, e ha colpito con un candeliere due addetti che cercavano di fermarlo. Per non parlare di quello che non hanno fatto Hemingway e il Generale Patton quando in sala da pranzo se le sono date di santa ragione.
Questa è la mappa del Memory , disegnata dal signor Borges... quindi, attenti a non perdervi. Quando capita, può diventare un problema recuperarvi. Se desiderate, portate un quaderno per prendere appunti: lo fanno in molti, anche se non servirà più di tanto. Quasi tutti i ricordi andranno persi poco dopo il risveglio.
Non c'è modo per evitarlo, come è inutile nascondersi o chiudersi in qualche stanza: quando verrà il momento, ritornete indietro come tutti, in quel mondo laterale che crede di essere la Realtà.
Ma non datevi pena... ritornerete più volte, ed ognuna di esse sarà come se fosse la prima.
E un giorno, forse, vi conteremo tra i nostri graditi ospiti, se abbastanza anime vi avranno ricordati abbastanza a lungo. Questo è il motivo del nostro nome, d'altra parte: siamo l'Albergo della Memoria.
Qui le acque del tempo si fermano dinanzi ai nomi scritti nel nostro registro... almeno sino a che anch'essi sbiadiranno, coi secoli e coi ricordi delle generazioni , come tutto è destinato a fare prima o poi.
Ma questa, è un'altra storia.
martedì 2 aprile 2013
Questo è il testo di un articolo inviato a una rivista online tedesca sulla storia dell'ebraismo , in occasione (e in realtà, in ritardo) della Giornata della Memoria.
Ogni volta che credete che la discriminazione, l'intolleranza e l'emarginazione siano Storia , pensate per un
attimo ad Arpad Weisz.
Grazie.
W E I S Z A R P A D
L'Uomo ai Bordi del Campo
Questa è la storia di un libro su un uomo, e quindi è la storia di quell'uomo.
Il nome dell'uomo è stato Arpad, ma lui lo scriveva sempre dopo il suo cognome, che era Weisz, e così lo chiameremo noi: Weisz.
Tendo a pensare che chi premette il suo cognome al nome sia persona ordinata e rispettosa delle regole, perchè così ci esortavano a fare a scuola fin dai primi giorni delle Elementari. I nomi si ripetono molto più dei cognomi, quindi un cognome identifica subito il suo portatore con rischi minori di omonimia.
Immagino Weisz fare ogni giorno l'appello dei suoi ragazzi per il cogno-
me, negli spogliatoi adiacenti al campo di calcio. Perchè questo faceva
Weisz per vivere: insegnava a giovani , a volte poco sotto i vent'anni e a
volte poco sopra i trenta, a trattare con i piedi quella palla di cuoio allora
ruvido che da oltre un secolo fa sognare ed entusiasmare le folle di tutto
il mondo, in quello che è il gioco più seguito e amato di questo strano
mondo. Era un allenatore di calcio.
Il libro che racconta della sua vita dice poco della sua adolescenza in
terra d'Ungheria - cui qui rendo omaggio perchè origine della famiglia di
mia madre - e che trascorreva nelle squadre di Torekves e Brno, per
poi trasferirsi in Italia in forza all'Alessandria e poi all'Inter, dove un in-
fortunio metteva precocemente fine alla sua carriera.
Ma l'amore per il calcio, anzi il Calcio come scriviamo noi moderni, lo
fermava a mezza strada per gli spogliatoi: là sul bordo del campo, dove
avrebbe passato tutto il resto della sua vita. O tutto il resto meno gli ulti-
mi mesi, quelli della trasferta senza ritorno nel campo più ignobile inau-
gurato dall'Uomo, il cui nome resta il sinonimo di ciò che succede quanto
viene violata ogni regola della morale umana: Auschwitz.
Weisz ha trascorso i suoi giorni come un uomo comune, e di lui la Storia
si è quasi dimenticata: noi oggi siamo qui a darle un aiuto, io e l'autore
del libro di cui sto parlando, per ricordarle che quest'uomo qualunque ha
lasciato qualcosa dietro a sè. Qualcosa di importante: nei gesti, nei fatti,
nelle realtà che portano il suo segno.
Weisz ha portato in Italia il calcio moderno: senza inventarlo, ma inno-
vando rispetto alla dottrina del maestro inglese, il grande Chapman, e
così facendo ha cambiato le cose per sempre. Ha dato un assetto tattico
alla difesa, ha introdotto a centrocampo l'idea di una regìa, e ha fondato
il ruolo cardinale dell'ala. Il nostro calcio era qualcosa prima e qualcos'al-
tro dopo di lui. E' stato il primo a scendere in campo coi suoi giocatori,
un maestro in maglietta e calzoni corti a mostrare con i piedi e con il fia-
to i suoi schemi sull'erba, mentre i suoi colleghi continuavano a seguire
le loro squadre dall'esterno, in giacca e scarpe da città. Ha posto le basi
dell'assistenza sanitaria ai giocatori, portando un medico e un massag-
giatore di ruolo al loro fianco, richiedendo un'infermeria sociale.
Ha scritto di calcio sul più indipendente di tutti i periodici sportivi italiani,
quel CALCIO ILLUSTRATO che solo resisterà fino all'ultimo alla retorica
fascista e al suo nuovo e importato culto della razza ariana.
Sì, perchè Weisz ha esercitato la sua professione e diffuso le sue idee
nel pieno del Ventennio, salendo prima agli onori e agli ardori delle cro-
nache dell'epoca, per poi uscirne in fretta dalla porta posteriore, in un
giorno grigio di Gennaio, scacciato con tutta la sua famiglia da un editto
razziale voluto e firmato da Mussolini in persona.
Weisz Arpad, allenatore tre volte campione d'Italia , con l'Inter prima e
due volte con un Bologna da leggenda poi. Campione d'Europa al Torneo
dell' Esposizione di Parigi nel 1936. Nessuno aveva portato una squadra
italiana al trono continentale prima di lui, soprattutto battendo i maestri
e inventori del calcio, quegli Inglesi così superiori da disertare i tornei
delle rappresentative nazionali. Bologna-Chelsea, 4-1. Un trionfo per il
solo pensatore del football che avesse interrotto gli anni di dominio della
Juventus degli Agnelli, per cinque volte consecutive vincitrice del titolo.
Nel 1930, all'apice degli anni di gloria milanese, insieme al di allora diret-
tore sportivo dell'Ambrosiana Inter Aldo Molinari, ha scritto e pubblicato
con l'Editore Corticelli il GIUOCO DEL CALCIO, un manuale fondamentale
in cui si espongono regole, ruoli, elementi tecnico-tattici graficamente il-
lustrati e vengono introdotte norme e metodi di allenamento delle squa-
dre. Il volume è onorato dalla prefazione di Vittorio Pozzo, l'artefice dei
due Mondiali vinti dalla Nazionale nel '34 e nel '38, considerato il nume
del calcio italiano di sempre.
Ma non c'è metodo, non c'è disciplina, non c'è merito umano che possa
avere la meglio sull'umana stupidità, soprattutto quando si erge a moto-
re dei processi storici. Le leggi razziali del 1938 calano come un'ascia sul-
la società civile, intese depurare i ranghi professionali e gli uffici pubblici
dalla presenza ebraica in ossequio alla politica di pulizia etnica intrapre-
sa dall'alleato tedesco. Il regime fascista ha ormai svoltato in modo irre-
vocabile verso la direttrice imperialista, e lo sforzo di espansione colo-
niale necessità dell'appoggio e della sponda di Berlino: il razzismo istitu-
zionale è un corpo estraneo in quella mescolanza etnica e culturale che è
il contesto italico, ma la ragione di Stato non conosce altro criterio che
se stessa. L'editto del 7 Settembre l'espulsione entro sei mesi
per tutti gli ebrei residenti dal 1933 in poi.
I tre titoli conquistati con Inter e Bologna, la vittoria europea e gli onori
ricevuti dal Duce in persona, la stima e l'affetto dell'intera capitale emi-
liana non sono valsi a frapporsi tra la legge-scure del regime e l'uomo
solo ai bordi del campo: anzi, proprio i suoi successi generano imbarazzo
al principio di riduzione della presenza ebraica nei ruoli di pubblico inte-
resse, mostrando come un umile ebreo ungherese sia riuscito dove nes-
sun collega latino era giunto. Per questo Weisz non fu solo allontanato,
ma addirittura rimosso dalle cronache e dalla memoria collettiva - quasi
il Mosè dei Dieci Comandamenti, cancellato da ogni documento ufficiale
per volere del Faraone - ; e tale rimozione è rimasta nei decenni , discre-
ta e tenace come certi articoli del Codice Giuridico Rocco. Questo libro,
e il presente articolo che ne trae spunto, sono intesi proprio interrompe-
re il silenzio che perpetua un'ingiustizia.
Weisz Arpad e tutta la sua famiglia in quel silenzio sono scivolati in quel
Gennaio 1939, passando per Parigi e diretti verso l'Olanda e l'ignoto ol-
tre di essa. La capitale francese, forse più attenta ai movimenti che pre-
paravano la tempesta che presto l'avrebbe travolta (l'1 Settembre l'eser-
cito nazista avrebbe attraversato il confine della Polonia) che non alle
passate glorie dell'uomo che solo due anni prima aveva alzato sui suoi
campi il trofeo europeo, a Weisz non doveva offrire slcun lavoro.
Fu la cittadina olandese di Dordrecht, la cui società ristagnava sul fondo
classifica di una prima divisione ancora dilettantesca in cui ogni giocato-
re aveva un secondo lavoro, a proporgli un incarico annuale. Là , lontano
dalle cronache, su campi di periferia spesso persino privi di gradinate ,
l'autore de IL GIOCO DEL CALCIO compì il suo capolavoro oscuro e di-
menticato: portare un pugno di volenterosi ragazzi privi di preparazione
tattica ed atletica al quinto posto del torneo nazionale, prendendosi l'
ardire di giocare da pari con le società professionali e blasonate come il
Feyenoord, che riuscì persino a superare 2-1 sul campo.
Nessuno oltre i confini della contea avrebbe celebrato quelle vittorie - in
Olanda all'epoca non esisteva neppure un quotidiano sportivo - ma oggi
non possiamo che riconoscervi la mano di un grande maestro del calcio.
Purtroppo, nessun arbitro fu lì a fischiare il netto fuorigioco tedesco la
notte del 10 Maggio 1940, quando il campo olandese fu invaso e in due
soli giorni annesso alla spietata nuova dirigenza formata dagli austriaci
Rauter e Seyss-Inquart. L'incarico, semplice e agghiacciante, era di dre-
nare le risorse del Paese al massimo livello possibile per sostenere l'ulte-
riore sforzo bellico in direzione della Francia e nel farlo di attuare le di-
rettive di pulizia etnica dalle quali Weisz e la sua famiglia avevano credu-
to di fuggire lasciando l'Italia : ma senza le lentezze e le inefficienze( che
spesso mascherarono la svogliatezza e un inizio di dissenso con cui le
nostre autorità locali interpretavano le leggi razziali. Repressione ed eli-
minazione della presenza ebraica in Olanda seguirono una tabella rapida
e precisa , che in poco più di un anno e mezzo passò dall'interdizione dai
pubblici uffici alla deportazione vera e propria.
Nel primo periodo Weisz, coinvolto dal provvedimento che impediva all'
"elemento giudeo" di esercitare un qualsiasi lavoro di pubblico rilievo -
ivi compreso il settore sportivo - si adattò a seguire la squadra dalle re-
trovie, confuso in abiti borghesi tra il pubblico ai bordi del campo, e co-
municando le direttive tecniche, schemi e sostituzioni passando di mano
dei biglietti destinati al collaboratore che risultava ufficialmente respon-
sabile della squadra. Possiamo solo immaginare l'umiliazione e la frustra-
zione di chi, come lui, aveva fatto del suo mischiarsi ai giocatori il suo
metodo e il suo segno distintivo; ma anche questo sarebbe presto passa-
to in secondo piano, di fronte all'interruzione definitiva della partita.
Già dal Maggio del 1942 gli Ebrei furono obbligati a indossare la famige-
rata stella gialla di Davide che ne permetteva il riconoscimento a vista:
fu loro proibito l'uso dei mezzi pubblici e del telefono, l'accesso a qual-
siasi casa non giudea, e dovettero subire un rigido orario di uscita diurna
e serale.
Il 22 Giugno la macchina amministrativa nazista si mise in moto secondo
un programma che prevedeva la deportazione di 40.000 ebrei nei campi
di lavoro tedeschi - così venivano ufficialmente chiamati. I primi 4000 sa-
lirono sui treni per la Germania in data 15 Luglio, presentandosi dietro
la minaccia delle autorità di fucilare 700 persone di razza ebraica preven-
tivamente rastrellate e tenute in ostaggio nelle carceri.
Alle prime ore del mattino del 2 Agosto 1942 l'intera famiglia Weisz ven-
ne arrestata e trasferita al campo di smistamento di Westerbord, e di lì
alla destinazione finale: Auschwitz.
Ilona Weisz e i due figli Roberto e Clara, ancora bambini, appena arrivati
vennero immediatamente indirizzati agli stabilimenti da cui nessuno mai
tornava, e che nascondevano l'ignobile, allucinante realtà delle camere a
gas. Arpad non li rivide mai più.
Solo, sostenuto da un fisico atletico e abituato alla fatica, quest'uomo
introverso e dignitoso dal carattere paziente ma forte sopravvisse agli
stenti , al lavoro e alle percosse in condizioni che non potremmo nean-
che iniziare a immaginare. Cedette, alla fine, al mattino dell'ultimo gior-
no di Gennaio del 1944, poco dopo il quinto anniversario di quell'altro
mattino in cui con la sua famiglia aveva lasciato Bologna e l'Italia che gli
aveva voltato le spalle.
Fu gettato in una fossa comune con le altre vittime della giornata.
Weisz Arpad era una di quelle persone che scrivono il loro cognome pri-
ma del nome, come un tempo ci veniva insegnato a scuola: la cui tempra
è formata al rispetto degli altri e delle regole del vivere civile, che seguo-
no la loro indole e la loro strada con discrezione ma determinati, compo-
sti e fiduciosi in una società che a volte li solleva, a volte li abbatte, a vol-
te li priva di tutto - ma non ha mai, ripeto mai, il diritto di dimenticarli.
Questo breve articolo, che si scusa di non essere uno studio critico nè
una recensione, è un contributo al ripristino della memoria storica - che
oggi quanto mai ha bisogno di tutto l'aiuto possibile - e segue un libro
bello e appassionato di Matteo Marani dal titolo : "Dallo Scudetto ad
Auschwitz". Leggerlo e ricordarselo è un atto di giustizia verso un uomo
che ha amato il calcio al punto da rinnovarlo, e l'ha amato al punto di
portarlo a noi cambiato in meglio, per non riceverne mai abbastanza in
cambio, come capita all'amore mal corrisposto.
Leggerlo e ricordarlo significherà fare in modo che all'appello della Storia
torni a rispondere un nome e cognome che non avrebbe mai dovuto es-
sere dimenticato.
Arpad Weisz.
Presente.
Torino,
Italia del Nord-Ovest
Dario Janese
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