martedì 16 aprile 2013







BENVENUTI AL MEMORY MOTEL
Anche se siete sempre stati qui.


Ciao, ragazzi. Percorrete il viale e attenti a dove mettete i piedi, le luci non sono gran che e l'asfalto ha visto
giorni migliori. Poi, in fondo e poco a destra, c'è l'ingresso di servizio. Non è il caso di passare dalla porta principale, dato che siete qui solo per dare un'occhiata: le regole di ammissione per gli ospiti sono precise, e se anche aveste i requisiti... beh, c'è una clausola che non credo vi piacerebbe molto.Quindi, state all'occhio e cercate di non farvi notare in giro.
Non fate a caso agli schiamazzi che vengono dalla portineria: sarà la scenata quotidiana di Norma Desmond,
che ha scoperto di non avere più ghiaccio nel frigo-bar. Il signor Torrance ha una gran pazienza con lei, ma sospetto che un giorno o l'altro ci accorgeremo che la vecchia diva sarà sparita, mentre il roseto crescerà rigoglioso grazie a un nuovo fertilizzante nel terreno.
Il bar del salone centrale è ancora quasi deserto: devono essere tutti ancora alla presentazione dell'ultimo
libro di Truman Capote, che si teneva sul terrazzo del Solarium: è estate, immagino che la gente voglia rima-
nere fuori più possibile. Oltre la vetrata un piccolo comitato di accoglienza si è formato per dare il benvenuto a un nuovo arrivato dal Sudamerica , un generale rivoluzionario socialista : vedo in testa  Rosa Luxemburg , con Sartre che parla con quell'italiano, Calvino, reggendo una bottiglia di Chateau-Lafitte pronta per l'occasione. Vi direi di curiosare da lontano: se vi mettete in mezzo ai politici ne uscirete all'alba e con il mal di testa. 
I musicisti sono molto più divertenti, ma prendete il largo quando tirano fuori della polvere bianca. Là in fondo trovare Erroll Garner con Lionel Hampton che fanno coppia a poker contro John Lee Hooker e Cab Calloway. Perderanno, non so perchè ma i jazzisti lo fanno quasi sempre, mentre ci sono storie di bluesman che a carte battono il Diavolo.
Domani si terrà un vernissage all'aperto sulla spianata davanti al mare: la Chanel presenterà le collezioni d'Autunno, con le scenografie di Andy Warhol. L'anno scorso Janis Joplin ha fatto un casino quando ha scoperto che tutti i cocktail erano analcoolici, e si è presa a botte con Billie Holiday. Le ha prese, neanche a dirlo... Pare che le musiche saranno di Stockhausen, quindi nel caso portatevi dei cuscini molto morbidi.
Come dite...? Ah, le note di chitarra vengono dal primo piano: Woody Guthrie sta facendo sentire a Bob Altman un pezzo che vorrebbe mettesse nel suo prossimo film. Sì, è molto bello, forse un pò triste. Parla di un vecchio che ricorda  i suoi amori , uno per ogni colore della pelle... si intitola "My Only Rainbow" ; per il protagonista ho sentito parlare di Paul Newman, che con Bob ha già lavorato , e si diverte a recitare la parte dell'anziano nostalgico. Il mese scorso intanto ha sfasciato un'altra Mustang contro un olmo sul viale d'ingresso.
E' una magnifica serata, l'aria che viene dalla baia sa di sale e di sogni, e se seguite le luci e la musica di piano
arriverete ai gazebo della spiaggia, dove di sicuro c'è Gershwin che sta accompagnando qualche gag della banda del muto. Ieri c'erano Harold Lloyd e Harpo Marx, ed era una cosa da vedere. Abbot e Costello sono lì tutte le sere a prendere appunti: una volta che è passato Chaplin e ha rifatto con Ed Wood la gag di "chi gioca in prima base", giuro che li ho visti piangere.
Ah, quello. Le luci accese ai piani alti, subito sotto gli abbaini? Mi spiace, là non si può entrare. C'è una conferenza nella suite di Roosevelt, ed è chiusa al pubblico. I Presidenti sono riuniti a parlare del futuro del mondo - quell'altro, naturalmente. Non so bene chi sia con loro: so che hanno chiamato il reverendo King, un avvocato indiano - un signore piccolo con gli occhiali, sempre vestito di bianco, che tutti trattano come un ospite di riguardo e di cui non ricordo il  nome - e quello svedese dall'aria triste, Olaf Palme. Oggi avevano tutti l'aria preoccupata... ma vi dirò, capita spesso. Non credo risolveranno niente, ma è bello e conforta pensare che ci siano uomini che hanno a cuore le sorti dell'umanità, anche se l'umanità non pare condividere il loro impegno.
Ecco, questo è tutto. Più o meno. Ora vi lascio: andate e venite a vostro piacimento , è tutto a vostra disposizione. Ci sono stanze dove non potete entrare, ma troverete semplicemente la porta chiusa. Non fatevi strane idee: qui non siamo all' Overlook Hotel. E' solo che certi ospiti preferiscono non avere a che fare coi vivi, o addirittura non vogliono vedere nessuno e basta. Una volta Virginia Woolfe è rimasta chiusa in camera per quasi un mese, finchè la Bronte le è entrata dalla finestra e l'ha convinta a uscire di nuovo. Certi artisti hanno un carattere difficile. Altri...beh, possono essere pericolosi. Qualche tempo fa un batterista inglese di nome Bonham ha fatto a pezzi un'intera sala perchè secondo lui non aveva l'acustica giusta, e ha colpito con un candeliere due addetti che cercavano di fermarlo. Per non parlare di quello che non hanno fatto Hemingway e il Generale Patton quando in sala da pranzo se le sono date di santa ragione.
Questa è la mappa del Memory , disegnata dal signor Borges... quindi, attenti a non perdervi. Quando capita, può diventare un problema recuperarvi. Se desiderate, portate un quaderno per prendere appunti: lo fanno in molti, anche se non servirà più di tanto. Quasi tutti i ricordi andranno persi poco dopo il risveglio.
Non c'è modo per evitarlo, come è inutile nascondersi o chiudersi in qualche stanza: quando verrà il momento, ritornete indietro come tutti, in quel mondo laterale che crede di essere la Realtà. 
Ma non datevi pena... ritornerete più volte, ed ognuna di esse sarà come se fosse la prima.
E un giorno, forse, vi conteremo tra i nostri graditi ospiti, se abbastanza anime vi avranno ricordati abbastanza a lungo. Questo è il motivo del nostro nome, d'altra parte: siamo l'Albergo della Memoria.
 Qui le acque del tempo si fermano dinanzi ai nomi scritti nel nostro registro... almeno sino a che anch'essi sbiadiranno, coi secoli e coi ricordi delle generazioni ,  come tutto è destinato a fare  prima o poi. 
Ma questa, è un'altra storia.






martedì 2 aprile 2013






Questo è il testo di un articolo inviato a una rivista online tedesca sulla storia dell'ebraismo , in occasione (e in realtà, in ritardo) della Giornata della  Memoria.
Ogni volta che credete che la discriminazione, l'intolleranza e l'emarginazione siano Storia , pensate per un
attimo ad Arpad Weisz.
Grazie.



W E I S Z   A R P A D
L'Uomo ai Bordi del Campo
Questa è la storia di un libro su un uomo, e quindi è la storia di quell'uomo.
Il nome dell'uomo è stato Arpad, ma lui lo scriveva sempre dopo il suo cognome, che era Weisz, e così lo chiameremo noi: Weisz.
Tendo a pensare che chi premette il suo cognome al nome sia persona ordinata e rispettosa delle regole, perchè così ci esortavano a fare a scuola fin dai primi giorni delle Elementari. I nomi si ripetono molto più dei cognomi, quindi un cognome identifica subito il suo portatore con rischi minori di omonimia.
Immagino Weisz fare  ogni giorno l'appello dei suoi ragazzi per il cogno-
me, negli spogliatoi adiacenti al campo di calcio. Perchè questo faceva
Weisz per vivere: insegnava a giovani , a volte poco sotto i vent'anni e a
volte poco sopra i trenta, a trattare con i piedi quella palla di cuoio allora
ruvido che da oltre un secolo fa sognare ed entusiasmare le folle di tutto
il mondo, in quello che è il gioco più seguito e amato di questo strano
mondo. Era un allenatore di calcio.
Il libro che racconta della sua vita dice poco della sua adolescenza in
terra d'Ungheria - cui qui rendo omaggio perchè origine della famiglia di
mia  madre - e che trascorreva nelle squadre di Torekves e Brno,  per
poi trasferirsi in Italia in forza all'Alessandria e poi all'Inter, dove un in-
fortunio metteva precocemente fine alla sua carriera.
Ma l'amore per il calcio, anzi il Calcio come scriviamo noi moderni, lo
fermava a mezza strada per gli spogliatoi:  là sul bordo del campo, dove
avrebbe passato tutto il resto della sua vita. O tutto il resto meno gli ulti-
mi mesi, quelli della trasferta senza ritorno nel campo più ignobile inau-
gurato dall'Uomo, il cui nome resta il sinonimo di ciò che succede quanto
viene violata ogni regola della morale umana:  Auschwitz.
Weisz ha trascorso i suoi giorni come un uomo comune, e di lui la Storia
 si è quasi dimenticata: noi oggi siamo qui a darle un aiuto, io e l'autore
del libro di cui sto parlando, per ricordarle che quest'uomo qualunque ha
lasciato qualcosa dietro a sè. Qualcosa di importante: nei gesti, nei fatti,
nelle realtà che portano il suo segno.
Weisz ha portato in Italia il calcio moderno: senza inventarlo, ma inno-
vando rispetto alla dottrina del maestro inglese, il grande Chapman, e
così facendo ha cambiato le cose per sempre. Ha dato un  assetto tattico
alla difesa, ha introdotto a centrocampo l'idea di una regìa, e ha fondato
il ruolo cardinale dell'ala. Il nostro calcio era qualcosa prima e qualcos'al-
tro dopo di lui. E' stato il primo a scendere in campo coi suoi giocatori,
un maestro in maglietta e calzoni corti a mostrare con i piedi e con il fia-
to i suoi schemi sull'erba, mentre i suoi colleghi continuavano a seguire
le loro squadre dall'esterno, in giacca e scarpe da città. Ha posto le basi
dell'assistenza sanitaria ai giocatori, portando un medico e un massag-
giatore di ruolo al loro fianco, richiedendo un'infermeria sociale.
Ha scritto di calcio sul più indipendente di tutti i periodici sportivi italiani,
quel CALCIO ILLUSTRATO che solo resisterà fino all'ultimo alla retorica
fascista e al suo nuovo e importato culto della razza ariana.
Sì, perchè Weisz ha esercitato la sua professione e diffuso le sue idee
nel pieno del Ventennio, salendo prima agli onori e agli ardori delle cro-
nache dell'epoca, per poi uscirne in fretta dalla porta posteriore, in  un
 giorno grigio di Gennaio, scacciato con tutta la sua famiglia da un editto
razziale voluto e firmato da Mussolini in persona.
Weisz Arpad, allenatore tre volte campione d'Italia , con l'Inter prima e
due volte con un Bologna da leggenda poi. Campione d'Europa al Torneo
dell' Esposizione di Parigi nel 1936. Nessuno aveva portato una squadra
italiana al trono continentale prima di lui, soprattutto battendo i maestri
e inventori del calcio, quegli Inglesi così superiori da disertare i tornei
delle rappresentative nazionali. Bologna-Chelsea, 4-1. Un trionfo per il
solo pensatore del football che avesse interrotto gli anni di dominio della
Juventus degli Agnelli, per cinque volte consecutive vincitrice del titolo.
Nel 1930, all'apice degli anni di gloria milanese, insieme al di allora diret-
tore sportivo dell'Ambrosiana Inter Aldo Molinari, ha scritto e pubblicato
con l'Editore Corticelli il GIUOCO DEL CALCIO, un manuale fondamentale
in cui si espongono regole, ruoli, elementi tecnico-tattici graficamente il-
lustrati e vengono introdotte norme e metodi di allenamento delle squa-
dre. Il volume è onorato dalla prefazione di Vittorio Pozzo, l'artefice dei
due Mondiali vinti dalla Nazionale nel '34 e nel '38, considerato il nume
del calcio italiano di sempre.
Ma non c'è metodo, non c'è disciplina, non c'è merito umano che possa
avere la meglio sull'umana stupidità, soprattutto quando si erge a moto-
re dei processi storici. Le leggi razziali del 1938 calano come un'ascia sul-
la società civile, intese depurare i ranghi professionali e gli uffici pubblici
dalla presenza ebraica in  ossequio alla politica di pulizia etnica intrapre-
sa dall'alleato tedesco. Il regime fascista ha ormai svoltato in  modo irre-
vocabile verso la direttrice imperialista, e lo sforzo di espansione colo-
niale necessità dell'appoggio e della sponda di Berlino: il razzismo istitu-
zionale è un corpo estraneo in quella mescolanza etnica e culturale che è
il contesto italico, ma la ragione di Stato non conosce altro criterio che
se stessa.  L'editto del 7 Settembre  l'espulsione entro sei mesi
per tutti gli ebrei residenti dal 1933 in poi.
I tre titoli conquistati con Inter e Bologna, la vittoria europea e gli onori
ricevuti dal Duce in persona, la stima e l'affetto dell'intera capitale emi-
liana non sono valsi a frapporsi tra la legge-scure del regime e l'uomo
solo ai bordi del campo: anzi, proprio i suoi successi generano imbarazzo
al principio di riduzione della presenza ebraica nei ruoli di pubblico inte-
resse, mostrando come un umile ebreo ungherese sia riuscito dove nes-
sun collega latino era giunto. Per questo Weisz non fu solo allontanato,
ma addirittura rimosso dalle cronache e dalla memoria collettiva - quasi
il Mosè dei Dieci Comandamenti, cancellato da ogni documento ufficiale
per volere del Faraone - ; e tale rimozione è rimasta nei decenni , discre-
ta e tenace come certi articoli del Codice Giuridico Rocco. Questo libro,
e il presente articolo che ne trae spunto, sono intesi proprio interrompe-
re il silenzio che perpetua un'ingiustizia.
Weisz Arpad e tutta la sua famiglia in quel silenzio sono scivolati in quel
Gennaio 1939, passando per Parigi e diretti verso l'Olanda e l'ignoto ol-
tre di essa. La capitale francese, forse più attenta ai movimenti che pre-
paravano la tempesta che presto l'avrebbe travolta (l'1 Settembre l'eser-
cito nazista avrebbe attraversato il confine della Polonia) che non alle
passate glorie dell'uomo che solo due anni prima aveva alzato sui suoi
campi il trofeo europeo, a Weisz non doveva offrire slcun lavoro.
Fu la cittadina olandese di Dordrecht, la cui società ristagnava sul fondo
classifica di una prima divisione ancora dilettantesca in cui ogni giocato-
re aveva un secondo lavoro, a proporgli un incarico annuale. Là , lontano
dalle cronache, su campi di periferia spesso persino privi di gradinate ,
l'autore de IL GIOCO DEL CALCIO compì il suo capolavoro oscuro e di-
menticato: portare un pugno di volenterosi ragazzi privi di preparazione
tattica ed atletica al quinto posto del torneo nazionale, prendendosi l'
ardire di giocare da pari con le società professionali e blasonate come il
Feyenoord, che riuscì persino a superare 2-1 sul campo.
Nessuno oltre i confini della contea avrebbe celebrato quelle vittorie - in
Olanda all'epoca non esisteva neppure un quotidiano sportivo - ma oggi
non possiamo che riconoscervi la mano di un grande maestro del calcio.
Purtroppo, nessun arbitro fu lì a fischiare il netto fuorigioco tedesco la
notte del 10 Maggio 1940, quando il campo olandese fu invaso e in due
soli giorni annesso alla spietata nuova dirigenza formata dagli austriaci
Rauter e Seyss-Inquart. L'incarico, semplice e agghiacciante, era di dre-
nare le risorse del Paese al massimo livello possibile per sostenere l'ulte-
riore sforzo bellico in direzione della Francia e nel farlo di attuare le di-
rettive di pulizia etnica dalle quali Weisz e la sua famiglia avevano credu-
to di fuggire lasciando l'Italia : ma senza le lentezze e le inefficienze( che
spesso mascherarono la svogliatezza e un  inizio di dissenso con cui le
nostre autorità locali interpretavano le leggi razziali. Repressione ed eli-
minazione della presenza ebraica in Olanda seguirono una tabella rapida
e precisa , che in poco più di un anno e mezzo passò dall'interdizione dai
pubblici uffici alla deportazione vera e propria.
Nel primo periodo Weisz, coinvolto dal provvedimento che impediva all'
"elemento giudeo" di esercitare un qualsiasi lavoro di pubblico rilievo -
ivi compreso il settore sportivo - si adattò a seguire la squadra dalle re-
trovie, confuso in abiti borghesi tra il pubblico ai bordi del campo, e co-
municando le direttive tecniche, schemi e sostituzioni passando di mano
dei biglietti destinati al collaboratore che risultava ufficialmente respon-
sabile della squadra. Possiamo solo immaginare l'umiliazione e la frustra-
zione di chi, come lui, aveva fatto del suo mischiarsi ai giocatori il suo
metodo e il suo segno distintivo; ma anche questo sarebbe presto passa-
to in secondo piano, di fronte all'interruzione definitiva della partita.
Già dal Maggio del 1942 gli Ebrei furono obbligati a indossare la famige-
rata stella gialla di Davide che ne permetteva il riconoscimento a vista:
fu loro proibito l'uso dei mezzi pubblici e del telefono, l'accesso a qual-
siasi casa non giudea, e dovettero subire un rigido orario di uscita diurna
e serale.
Il 22 Giugno la macchina amministrativa nazista si mise in moto secondo
un programma che prevedeva la deportazione di 40.000 ebrei nei campi
di lavoro tedeschi - così venivano ufficialmente chiamati. I primi 4000 sa-
lirono sui treni per la Germania in data 15 Luglio, presentandosi dietro
la minaccia delle autorità di fucilare 700 persone di razza ebraica preven-
tivamente rastrellate e tenute in ostaggio nelle carceri.
Alle prime ore del mattino del 2 Agosto 1942 l'intera famiglia Weisz ven-
ne arrestata e trasferita al campo di smistamento di Westerbord, e di lì
alla destinazione finale: Auschwitz.
Ilona Weisz e i due figli Roberto e Clara, ancora bambini, appena arrivati
vennero immediatamente indirizzati agli stabilimenti da cui nessuno mai
tornava, e che nascondevano l'ignobile, allucinante realtà delle camere a
gas. Arpad non li rivide mai più.
Solo, sostenuto da un fisico atletico e abituato alla fatica, quest'uomo
introverso e dignitoso dal carattere paziente ma forte sopravvisse agli
stenti , al lavoro e alle percosse in condizioni che non potremmo nean-
che iniziare a immaginare. Cedette, alla fine, al mattino dell'ultimo gior-
no di Gennaio del 1944, poco dopo il quinto anniversario di quell'altro
mattino in cui con la sua famiglia aveva lasciato Bologna e l'Italia che gli
aveva voltato le spalle.
Fu gettato in una fossa comune con le altre vittime della giornata.
Weisz Arpad era una di quelle persone che scrivono il loro cognome pri-
ma del nome, come un tempo ci veniva insegnato a scuola: la cui tempra
è formata al rispetto degli altri e delle regole del vivere civile, che seguo-
no la loro indole e la loro strada con discrezione ma determinati, compo-
sti e fiduciosi in una società che a volte li solleva, a volte li abbatte, a vol-
te li priva di tutto - ma non ha mai, ripeto mai, il diritto di dimenticarli.
Questo breve articolo, che si scusa di non essere uno studio critico nè
una recensione, è un contributo al ripristino della memoria storica - che
oggi quanto mai ha bisogno di tutto l'aiuto possibile -   e segue un libro
bello e appassionato di Matteo Marani dal titolo : "Dallo Scudetto ad
Auschwitz".  Leggerlo e ricordarselo è un atto di giustizia verso un uomo
che ha amato il calcio al punto da rinnovarlo, e l'ha amato al punto di
portarlo a noi cambiato in meglio, per non riceverne mai abbastanza in
cambio, come capita all'amore mal corrisposto.
Leggerlo e ricordarlo significherà fare in modo che all'appello della Storia
torni a rispondere un nome e cognome che non avrebbe mai dovuto es-
sere dimenticato.
Arpad Weisz.
Presente.

Torino,
Italia del Nord-Ovest
Dario Janese




martedì 19 marzo 2013







 VOCI DI IERI DALLA GUERRA INVISIBILE

Cari Pinguini,
archiviando i post dell'anno passato ho trovato utile ristampare quello datato 18 Settembre 2012.
Se vi va, vedete voi il perchè.

Janisch

ENTRY 0057 - 18.9.12
SCENE DI ORDINARIA GUERRIGLIA

C'è una Guerra Invisibile che infuria nel mondo visibile.
Io, voi, noi tutti siamo coinvolti.
Non vorrei che lo dimenticaste. Perchè è facile da dimenticare. Anzi, tutto intorno alle nostre giornate è disposto e apparecchiato perchè lo si dimentichi.
L'asilo o la scuola dei bambini ve lo fa dimenticare.
La chat e Facebook ve lo fanno dimenticare.
La palestra e il massaggio thai ve lo fanno dimenticare.
La Costa Crociere e i tour operator ve lo fanno dimenticare.
Voi invece ricordatelo se volete sopravvivere. Perchè la Guerra è contro di voi.
Contro il diritto alla dignità del lavoro.
Contro l'onestà e contro l'innocenza.
Contro i diritti civili e contro l'eguaglianza.
Contro la memoria e il retaggio del passato.
Contro la fiducia nell'avvenire.
E la Guerra non è, come alcuni di voi hanno pensato, un'idea filosofica: è un progetto redatto e posto in atto da chi ha interesse al malessere, al disagio, alla povertà e all'ingiustizia.
Dalle Mafie che affamano e assetano Sicilia e Sardegna.
Dai centri di corruzione amministrativa che dai ministeri a Roma mandano metastasi in ogni più piccolo comune da Sondrio a Siracusa, creando guasto e disservizio in nome dell'interesse privato.
Dalla cosca vaticana che impone un blocco nel progresso dei diritti civili, dalla ricerca scientifica all'eutanasia alle coppie di fatto all'omosessualità.
Dai parassiti della finanza che traggono profitto dalle crisi e danneggiano l'economia produttiva per favorire speculazioni appoggiate dai grandi feudi bancari.
Dagli architetti dello sfascio come il sicario svizzero di casa Agnelli, mandati  da azionisti già oscenamente ricchi a liquidare aziende colpevoli di non pompare abbastanza dividendi in casse stracolme e socialmente improduttive (che alla fine non faranno che lasciare a certi successori decerebrati e cocainomani senza nessuna qualità, alimentando il declino della razza padrona), salvo spostare il lavoro in zone del mondo dove
si può pagare una persona con ciò che da noi è necessario ad acquistare il pane e la cicoria.
Alle prostitute dei media, che diramano comunicati su commissione, di volta in volta per spaventare o per rassicurare i cittadini ignoranti e in ogni caso per convincerli che la cosa migliore è stare nel proprio,non esporsi e ed affidarsi ai propri rappresentanti corrotti, manager pubblici incapaci, alle caste dei primari, dei docenti,dei vescovi,dei magistrati, dei giornalisti, dei notai e di tutta la sozzura il cui interesse finale è mantenere la società civile in questo eterno, patinato prolungamento del Medio Evo.
Per questo la Guerra è contro di voi.
Contro i vostri figli.
La guerra del Potere contro il Diritto, del Privilegio contro il Merito.
Del Passato contro il Futuro.

 "Sono i Governi che devono aver paura dei Popoli, e non il contrario."
                                                                                       ALAN MOORE, 1988






mercoledì 6 marzo 2013







                                         H  O  W  L     II
          
                                       U n  I n n o  p e r   l a   G e n e r a z i o n e   I n t e r r o t t a



Ho visto il parto dell'ultimo secolo,
tutto il dolore di un secolo stanco:
quel che è rimasto di una lunga giornata
di fuochi e urla e  graffi e preghiere,
il sangue in una sala parto vuota
chiusa al pubblico, Amici e Compagni
hanno portato via un sogno
nato in silenzio, morto domani.
Ho visto i loro visi spenti
sperare nel peggio, ghigni stellati
mirare a gambe di estranei,
colpire il riflesso del loro errore:
carta straccia, straccia e stampata
con gli elenchi delle vittime
come un conto al supermercato
della sommossa dei figli dei ricchi.
Amici e Compagni, a Valle Giulia
vi han visti altri... io ero a scuola
a imparare l'alfabeto,viaggiavo di notte
tra gli operai  verso Napoli, e voi bei giovani
dalla famiglia sicura, scorie del futuro
avete ucciso Pasolini ben più di una volta,
in ben più di un modo, in ben più di un Lido.

Ho visto i miei fratelli invertiti
sorridere al Dottor Mengele,
cantare in cerchio "siamo nati così"
marciando su Madre Natura,
che dormiva indifferente
ai dettagli che straziano gli uomini.
Ho visto i miei cugini invertiti
ripiegare l'arcobaleno in un cassetto,
chiuso e canforato con la libertà
scambiata per un bouquet appassito
e due pugni di riso in Municipio,
i poveri hanno sogni poveri
e così muoiono le rivoluzioni.
"E' qui che dànno i guinzagli ?"
E anche voi , baffute signorine
dalla voce stridula, tra slogan e saune
siete passati sul corpo di Pasolini
marciando al ritmo dei marchi di moda,
idee attillate siglate Stonewall -
secondo reparto a destra, vede?
i Saldi di Fine Cultura ...
chiude la stagione dell'Emancipazione.
E i corpi marciscono un pò più in fretta delle anime,
qualcuno vi aspetta giù ad Ostia Lido.

E ho visto le donne, Dio se le ho viste 
alle avancasse della vita
inchiodare conti ai nomi
degli uomini sbagliati... spargere ceneri
di reggipetto e alzare bestemmie
contro gli uomini sbagliati...
uomni piccoli, uomini storti,
amici fragili dalle poche forze
fatte di pochi sogni, una casa con giardino
e occhi da guardare sopra la cena,
un divano senza colpe  per la lunga sera
con bambini già adulti dietro il muro del bagno.
Ho visto le Erinni chiedere vendetta
a poveri uomini grigi, innocenti
perchè umili e senza fantasia,
e le ho viste stuprarli
per quanto erano state stuprate,
ma da altri...fredde del freddo di maschio,
Baccanti dal seme di maschio,
impregnate di astio maschile.
Donne dal seno arido, donne di sale
che hanno guardato indietro, 
a Sodoma intrisa del potere
e hanno indossato il fuoco sbagliato.
Voi non avete ucciso Pasolini,
sorelle esangui ostile al dispari:
ma nemmeno, per certo,
gli avreste dato la vita.

E ho visto la folla alla porta girevole,
entrare e uscire dai diritti e dai doveri
come dal WC in fondo al bar:
predando i primi come carta igienica,
lasciando gli altri come profilattici
ognuno al suo posto,chiusi per "il prossimo".
Ho visto il demo di democrazia
sfilare in alberghi a quattro stelle
in vie con fondali che coprono la strage,
pagare con Mastercard regimi fascisti
e portare le foto del mare agli amici
nei loro salotti con ritratto di Marx.
La pasta l'è scotta, plebei patinati
che i vostri ricordi li avete comprati,
e come un sepolcro una Golf imbiancata
contiene la vostra coscienza sprecata,
talmente banale che si è meritata
l'insulto di questa mia rima baciata.
Ti ho visto mio popolo, mio dolore
piegarti come le spighe al voto,
svendere l'orgoglio contadino,
le balere e il vino alla bocciofila
per sigle inglesi senza vita,
per sogni in pacchi da sei, 
locandine di un solo film ,
il fermo immagine di un mondo Ikea
con fede restituibile, amore modulare,
saggezza in leasing, disfatti o rimborsati.
Ti ho visto gente, mia gente tradita
e traditrice, vendere i boschi cupi
dei partigiani a chi stende i binari
di ferrovie per manager, ti ho vista
chiudere le cascine, lasciare le colline,
cercare le piscine, battere le latrine
il tutto su 99 canali di vendita
su cui niente si può comprare
perchè il valore è altrove,
nella speranza e la memoria
che rendono dignità ai popoli
vivi,affamati,dimenticati.
Piango per te, che non hai conosciuto Pasolini
ma lui ha incontrato te, e già
per te piangeva in Friuli,
a Roma Prenestina, con vista su Salò
sognandoti nuda in piedi a pugno alzato,
Vittoria Amara figlia di questo secolo.


Scusami Allen, non ho potuto farne a meno.

6/3/13
Janisch



 


 









 





 

domenica 24 febbraio 2013



IL PRINCIPIO DEL LUPO MANNARO

L'Identità è una cosa del passato. Appendetela con gli abiti accanto alla porta; lasciatevela alle spalle.
Ai tempi di Euclide e di Aristotele si sentiva il bisogno di dare allo studio del mondo un fondamento solido,
sicuro. Un fondamento assoluto. "Ogni cosa è ste sessa." Identità, eguaglianza e simmetria.
Solo molto tempo dopo abbiamo cominciato a porci delle domande sul rapporto tra le cose e le parole: e qualcuno, non solo io, si è chiesto: "Cosa diavolo vuol dire che qualcosa E' sè stesso?" A che azione corrisponde il verbo essere? Non affaticatevi, non c'è risposta: nessun tipo di azione. Un accidente.
Essere e identità svolgono la funzione di rassicurarci che il mondo non ci cambia continuamente sotto il sedere come diceva Eraclito, e che se il fiume scorre è molto lentamente, e il sole sorgerà ancora domani e per qualche miliardo di anni.
Tutto vero. Ma le cose col xxxxx che "sono" loro stesse,altro da loro o Paperoga. E noi con loro.
Il Dio cristiano è uno e trino. Buon per Lui. L'Androgino alchemico è due cose e una, maschio e femmina,attivo e passivo (ridete pure,per il bene che vi farà),luce e buio, caldo e freddo,secco e umido. Lo yin yang che sta sulla bandiera coreana rappresenta quel concetto: niente è se stesso, tutto contiene il suo contrario. Persino quel trombone di Hegel diluiva nella sua dialettica del piffero un'idea del genere.
Certo, è difficile fondare su questo una gerarchia politico, un ordine sociale, una fottuta categoria, una casta o una corporazione. Togli l'identità e crollano i Nazi e il Partito Comunista, le religioni si sfaldano e convergono in un solo, generico culto della coscienza universale rifratta all'infinito e blablabla: e anche l'Arcigay si squaglia come un gelato al sole della differenza frattale. La civiltà se la fa sotto davanti all'Indeterminazione. L'Apeiron dei primi filosofi naturali greci, che avevano già detto tutto e che a capirli si sarebbero salvati milioni di alberi dal diventare pergamena.
E' il Principio del Lupo Mannaro. Perchè l'uomo dovrebbe desiderare di essere solo uomo,e il lupo solo lupo,quando entramvi possono essere ambedue. Il cambiamento è la libertà.
Non è una mia invenzione: THE WEREWOLF PRINCIPLE è un libro del 1967 di Clifford Simak, un ebreo americano di origine polacca ma di fede cattolica e ambientalista. Erano anni di inquietudine e ricerca, in cui il Principio di Identità andava incrinandosi sotto i colpi del neopositivismo logico e dell'LSD. Il protagonista, Andrew Blake, scopriva di essere un uomo sintetico e di ospitare altre due forme di coscienza: un computer alieno consapevole di sè e una creatura simile ad un lupo. Questo ente composito fatto di istinto (il Cercante),di logica (il Pensante) e di affettività (il Cambiante) sfuggiva al controllo dei suoi creatori e alla fine abbandonava il pianeta per realizzare una forma più alta e libera di esistenza.
Libertà è la parola chiave. Uno dei cardini dell'umanesimo occidentale del XX secolo è stato FUGA DALLA LIBERTA' di Erich Fromm, di scuola psicanalitica, pubblicato sullo sfondo dei fuochi nazisti nel 1941 e testo sacro del 1968, oggi quasi dimenticato. La sua tesi unica è molto semplice: la psicologia umana teme ogni forma di scelta e cerca in ogni modo di delegarla,di abdicare alla responsabilità in favore di un Dio,di un Partito,di una Classe,di un Modello sessuale che  lo definisca e lo liberi dalla interminabile fatica di provvedere da sè a dare significato al vivere.
Niente di più ovvio che l'odierna cultura della segregazione identitaria, delle microidentità insulari e delle minoranze dogmatiche abbia scelto di dimenticare la libertà in favore di uno dei Vangeli IKEA oggi disponibili sugli scaffali: meglio essere gay , vegano, testimone di Jeovah, squatter, fascista, una di queste oasi a scelta e in modo esclusivo, per non essere atterriti dalle indefinite potenzialità di una coscienza che va fermata,ripiegata,delimitata e se del caso ammorbidita dagli ansiolitici per evitarle di affermare se stessa al di sopra del ciarpame del marketing dei club culturali. Anarchia, bisessualità e sincretismo fomentano il disordine, indeboliscono le agende politiche e non danno titolo al finanziamento pubblico.
Ma io  invito ciascuno di voi a raccogliervi in silenzio e ad ascoltare quel brusìo basso e lontano che sorge dal buio, e che come il rumore di un fiume antico in cui ci si può bagnare soltanto una volta vi parlerà di miti oscuri, vi porterà il brivido violento del sogno e dell'istinto randagio che come un fiume cerca l'orizzonte indistinto del mare senza fine. Quel brusìo sinistro e familiare è la vostra voce dall'altra parte dell'Abisso, che vi chiama alla libertà.
E'l'ululato di un lupo.

Janisch


lunedì 4 febbraio 2013







ALLEGATO AD ENTRY 0071 del 4.2.13

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F A L S O   I N   B I L A N C I O   E S I S T E N Z I A L E

Avete il diritto di rimanere in silenzio.
Prima di dire qualcosa, prima di pensare qualcosa, provate ad ascoltarvi.
Nel silenzio ciascuno di noi non può fingere di non sentire quella voce interna che ci dice come stiamo, e perchè. 
Una volta era di moda tra gli studiosi chiamarla dissonanza cognitiva. Quando tra te e quello che pensi c'è un velo, e ce lo hai messo tu per evitare che la superficie dei tuoi pensieri rifletta la tua immagine.

"Non sono un razzista. Non ce l'ho con nessuno. Solo la gente dovrebbe stare a casa propria. I neri, i gialli, gli arabi sono diversi da noi, questo non è il loro posto, ma loro cercheranno di renderlo proprio. Ci porteranno via il lavoro, ci imporranno i loro costumi. Diventeremo una minoranza, degli stranieri in casa nostra. Non ho niente contro la gente onesta che vuole solo lavorare, ma non possono farlo nei loro Paesi?"

"Sono una persona per bene. Cerco solo di sopravvivere. Lo Stato mi costringe a evadere le tasse. Non possono pretendere che metta in regola i clandestini, già li faccio lavorare, alle balle come l'assistenza sanitaria ci devono pensare da soli. E se ogni tanto pago dei funzionari per gli appalti, sono loro i disonesti:
io sono una vittima di questo sistema. Non faccio altro che pagare: il SUV a mia moglie, l'affitto alla mia amante,le vacanze a Cortina, i master ai figli, le cazzo di imposte su tutte e cinque le case che affitto in nero. Fortuna almeno quella al mare risulta ancora di mia madre. Se non avessi i due conti all'estero mi toccherebbe vivere come uno sfigato qualsiasi. Quasi che avessi fatto mai del male a qualcuno."

"Certo che amo le donne. Scoperei tutto il giorno. Chiaro che non sono come noi, ma tocca far finta o smettono di dartela. Femminismo  'sto cazzo, che cosa hanno mai fatto nella Storia oltre a crescere i figli e a rompere i coglioni a noi uomini tutto il tempo? Ce n'è bisogno , perchè a parte il sesso un uomo tante cose non le sa fare - ma solo perchè non abbiamo tempo, si lavora otto-dieci ore e le robette è giusto se le vedano loro che fanno niente tutto il giorno. L'ideale sarebbe una dell'Est, quelle non hanno ancora tanti grilli per la testa, rispettano l'Uomo e sanno stare al loro posto. Le nostre vogliono guadagnare più di noi anche se stanno a casa ogni volta che hanno il ciclo, girano vestite come troie e poi frignano se vengono stuprate. Oh io ci vado pazzo, le voglio bionde e brune, magre e grasse...  è solo che quando aprono bocca vorrei essere da un'altra parte. "

" Oh guarda, per me siamo tutti uguali! La cosa tragica è che negano i diritti alla parte migliore dell'umanità.
E' chiaro che la maggior parte degli etero sono volgari, parlano solo di figa , di calcio e di automobili. Io neanche ho la patente, dove devi poi andare...? E se a 42 anni sto ancora da mia madre è perchè il sistema non permette a due uomini di vivere insieme. Si guardassero loro, con tutti i mariti che ammazzano le mogli,e i figli drogati, e i nonni che molestano i nipoti... no, quelli sono pedofili, coi gay non c'entrano niente! Loro vanno a prostitute, noi nelle saune, che differenza c'è? che noi non dobbiamo pagare, ecco cosa. Le loro donne, poi, una più stupida e frivola dell'altra, tutte coi loro cazzo di figli come se fossero gli unici al mondo...mi sa che sono fortunato, credo di conoscerle io tutte quelle a posto. Ho delle amiche fantastiche,tutte single o divorziate, una è persino lesbica. Eterofobia...? Ma non esiste, che razza di parola sarebbe? Io non l'ho mai sentita...."

"Io non devo ringraziare nessuno: nella vita ho fatto tutto da solo. Sono sempre stato avanti agli altri, la media più alta del miglior collegio di Roma. Fosse stato l'ultimo Liceo di Trastevere sarebbe stata la stessa cosa. Dello studio di papà avrei potuto fare a meno, ho solo approfittato del nome: è anche il mio o no? Non mi si dica che ho avuto tutte le porte aperte, mi sono fatto un culo così per creare un marchio e piazzarmi in RAI, e se ero raccomandato io non l'ho mai saputo. E non è che perchè sono ricco non possa essere di sinistra, perchè sia chiaro che io sono sempre stato dalla parte del popolo: scrivo su Repubblica, ho fatto un video in Africa, e la pubblicità delle adozioni a distanza? non ho neanche voluto niente. Se mi gira di candidarmi, un giorno, vedi che la Camera col PD non me la toglie nessuno. Perchè la gente mi ama per quello che sono.  Nella vita devi avere delle idee. Ah, e tanti avvocati bravi, anche quelli non guastano."

 Una volta la si chiamava dissonanza cognitiva, la differenza tra quello che sei e quello che vorresti essere, o che credi di essere.  Per i marxisti era la "falsa coscienza". Per me IPOCRISIA può andare anche benone.
Il fatto è che oggi non la si chiama più in alcun modo, non la si studia più e basta.
Perchè è diventata il modo di essere generale. E quando un'aberrazione diventa la norma cessa il motivo di occuparsene: tutti sono contenti perchè ora si sentono normali.

Janisch